La rivoluzione silenziosa dei professionisti della sanità in fuga dal Ssn

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Quotidiano Sanità SALUTE

La rivoluzione silenziosa dei professionisti della sanità in fuga dal Ssn 11 MAR di Pierino Di Silverio Gentile direttore, quando parliamo di ‘rivoluzione’, pensiamo, probabilmente, a quella francese e a quella russa, fino ai moti nell’Italia del 1800. Un termine simbolo, per secoli, di profondi cambiamenti e di conflitti, non necessariamente violenti o cruenti, che hanno lasciato il segno. Con il passare del tempo, e dei tempi, sembra, però che molta di quella spinta rivoluzionaria si sia gradualmente assopita, lasciando il posto a una mesta rassegnazione, un apparente stato di quiete, anche culturale, anche di fronte a un totale disgregamento di quei diritti, sociali e civili, ottenuti proprio attraverso le rivoluzioni. (Quotidiano Sanità)

La notizia riportata su altri media

Il 49% ritiene che l’immagine pubblica del medico sia cambiata in peggio. L’indagine ha interessato 1.369 dottori e ha indagato i temi del benessere organizzativo e del cambiamento nella professione medica nella nostra regione negli ultimi anni. (Corriere Milano)

Eppure i medici in questo ventennio, si legge nello studio, "non sono aumentati così come ci si aspetterebbe, ma sono addirittura diminuiti rispetto all'anno di massima espansione delle dotazioni organiche, il 2009, e nel confronto con la media europea in rapporto a 1. (Sky Tg24 )

Oggi pochi medici, domani troppi: ecco i numeri di Marzio Bartoloni 05 marzo 2025 (Il Sole 24 ORE)

Quanti medici specialisti servono all’Italia?

Il sindacato: “Al di là dei problemi organizzativi che il sistema approvato creerà e che ci lasciano assai perplessi, siamo assolutamente contrari ai principi e alle finalità di questa riforma”. E poi precisa: “Abolizione del numero chiuso di fatto non c’è”. (Quotidiano Sanità)

“Assistiamo ogni giorno alla “grande fuga” dei professionisti dal SSN, una volta considerato la grande ambizione della vita professionale e un punto di arrivo, ora invece una gabbia che affossa le prospettive di carriera e diminuisce la qualità di vita, peggiore dell’attività privata per remunerazione e soddisfazione, ridotto, spesso, solo a punto di partenza per i più giovani”, scrivono i firmatari dello studio. (QUOTIDIANO NAZIONALE)