Ministero Cultura, il capo di gabinetto Spano lascia dopo 10 giorni: si dimette il fedelissimo di Giuli
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La decisione dopo le anticipazioni di Report su un "nuovo caso Boccia". Il ministro: "Clima di mostrificazione" Una carica lunga appena 10 giorni. Tanto è durato il ruolo di Francesco Spano a capo di gabinetto del Ministero della Cultura. Nominato lo scorso 14 ottobre dal ministro Alessandro Giuli dopo la revoca dell’incarico a Francesco Gilioli disposta l’11 ottobre da parte dello stesso ministro – che lo aveva accusato di aver fatto trapelare notizie riservatissime all’esterno dell’ufficio – Spano si è dimesso mercoledì per “il contesto venutosi a creare, non privo di sgradevoli attacchi personali”, che “non mi consente più di mantenere quella serenità di pensiero che è necessaria per svolgere questo ruolo così importante”. (LAPRESSE)
Ne parlano anche altre fonti
Il conduttore di Report replica al senatore di Italia Viva: «Mai detto di essere di sinistra». La ex Pd Concia: «È omofobia, ma la sinistra ipocrita tace» (Open)
Dopo il caso Boccia, che ha portato alle dimissioni del ministro Gennaro Sangiuliano (per una nomina mai fatta), questa volta, infatti, è il suo successore, Alessandro Giuli, a essere finito nella bufera per la nomina (fatta dieci giorni fa) di Francesco Spano a capo di gabinetto. (Liberoquotidiano.it)
Erano diversi giorni che Francesco Spano meditava il passo indietro. Non sopportava più di lavorare in «un contesto non privo di sgradevoli attacchi personali». (la Repubblica)
«Non ho incontrato il ministro Alessandro Giuli e non ho capito né seguito molto la vicenda». Poche ore dopo le dimissioni di Spano, Giorgia Meloni si tira fuori. (la Repubblica)
Lo scrive su Facebook Annalisa Terranova, giornalista del quotidiano di destra Il Secolo, partendo da una analisi della vicenda che ha riguardato Francesco Spano, ex capo di gabinet… (L'HuffPost)
Compare Antonella Giuli: giornalista, assunta nell’ufficio stampa della Camera, amica intima di Arianna Meloni, sorella di Alessandro Giuli. È in “borghese”, oggi non lavora. (la Repubblica)