La Fed tiene ferma la leva dei tassi mentre Bessent prova a dialogare con Pechino

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Redazione Esteri Redazione Esteri   -   Jerome Powell, confermando per la terza volta consecutiva i tassi sui Fed Funds tra il 4,25% e il 4,50%, ha lasciato trapelare una preoccupazione che va oltre i confini nazionali. «Se i dazi commerciali verranno mantenuti ai livelli attuali», ha dichiarato il presidente della Federal Reserve, «è probabile che sul breve termine abbiano un effetto frenante sulla crescita economica e rialzista sull’inflazione». Un passaggio che segna un’evoluzione nel linguaggio della banca centrale, tradizionalmente concentrata sui dati macroeconomici interni, e che ora sembra guardare con maggiore attenzione alle tensioni geopolitiche, in particolare quelle con la Cina.

Proprio mentre Powell parlava, a migliaia di chilometri di distanza si preparava un faccia a faccia che potrebbe rivelarsi cruciale. Sul Lago di Ginevra, sabato e domenica prossimi, la delegazione statunitense guidata dal segretario al Tesoro Scott Bessent e dal rappresentante commerciale Jamieson Greer incontrerà il vice premier cinese He Lifeng. Non sarà un colloquio formale nell’ambito dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, istituzione da tempo nel mirino di Donald Trump, che la accusa di aver favorito Pechino a scapito degli Stati Uniti. Piuttosto, si tratterà di un dialogo bilaterale, in un contesto neutrale ma carico di tensioni.

Trump, dal canto suo, non ha fatto sconti. Interpellato dai giornalisti nello Studio Ovale, ha ribadito con un secco «no» la volontà di mantenere i dazi del 145% sulle importazioni cinesi, una mossa che, secondo molti analisti, rischia di aggravare le ripercussioni economiche già in atto. Washington, infatti, ha inasprito ulteriormente le tariffe portandole al 34%, che sommate al precedente 20% fanno salire il totale al 54%, un peso non indifferente per le imprese americane che importano merce dalla Cina.