Mario Vargas Llosa, morto a 89 anni il Nobel che raccontò il "Perù fottuto"

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ESTERI

Mario Vargas Llosa, premio Nobel per la letteratura nel 2010, è morto a Lima all’età di 89 anni. L’annuncio è stato dato dal figlio attraverso i social network, precisando che i funerali si svolgeranno in forma privata e che, come da sue volontà, il corpo verrà cremato. Autore di opere diventate pilastri della narrativa contemporanea, come La città e i cani e La casa verde, Vargas Llosa ha lasciato un segno indelebile non solo nella letteratura in lingua spagnola, ma in quella mondiale.

Nato in Perù nel 1936, lo scrittore ha attraversato quasi un secolo di storia, raccontando con lucidità e ferocia le contraddizioni del suo paese e dell’America Latina. Conversazione nella Catedral, considerato da molti il suo capolavoro, incarna come pochi altri romanzi il senso di disillusione di un’intera generazione, quella che si scontrava con un sistema corrotto e violento. «Senza amore», l’incipit del libro, è diventato quasi un emblema della sua scrittura: capace di condensare in poche parole un intero universo di frustrazione e rassegnazione.

La sua vita, oltre che per i libri, è stata segnata da episodi che hanno alimentato la leggenda, come il celebre pugno dato a Gabriel García Márquez nel 1976, un gesto su cui sono fiorite teorie e persino un romanzo, I giganti. Ma al di là degli aneddoti, ciò che resta è un’opera monumentale, in cui politica, amore e potere si intrecciano in narrazioni complesse eppure sempre accessibili.

Vargas Llosa, che negli ultimi anni aveva ottenuto anche la cittadinanza spagnola, è stato un intellettuale scomodo, critico verso ogni forma di autoritarismo, sia di destra che di sinistra. La sua prosa, precisa e al tempo stesso visionaria, ha scavato nelle pieghe più oscure dell’animo umano, senza mai perdere di vista la tensione narrativa.