Migranti costretti a partire per l'Italia, ma il sogno era la Libia

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La storia dei 49 migranti finiti per poche ore in Albania, nell’ambito del progetto-bandiera del governo Meloni, è un intreccio di paradossi e drammi che si dipana tra il Mediterraneo e le coste africane. Molti di loro, infatti, non avevano mai immaginato di arrivare in Italia. Partiti con l’obiettivo di trovare lavoro in Libia, si sono ritrovati invece catturati e trasportati come pacchi da una sponda all’altra del mare, senza alcuna possibilità di scelta.
La "polizia" di Almasri, figura chiave in questa vicenda, ha giocato un ruolo decisivo nel forzare il loro trasferimento. Sebbene alcuni di loro avessero dichiarato di voler rimanere in Libia, dove speravano di costruirsi una vita, sono stati costretti a lasciare il paese. Un destino che li ha portati prima a Shengjin, in Albania, e poi a Bari, in Italia, in un viaggio che ha assunto i contorni di un’odissea forzata.
Il racconto di questi migranti, emerso durante un incontro con una delegazione del Partito Democratico, mette in luce non solo le contraddizioni delle politiche migratorie, ma anche le ambiguità di un sistema che spesso trasforma le persone in merce di scambio. La loro esperienza, come quella di molti altri, solleva interrogativi sulle modalità con cui vengono gestiti i flussi migratori, soprattutto quando i desideri e le aspirazioni individuali vengono ignorati in nome di accordi internazionali o strategie politiche.
Intanto, il vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ribadisce la volontà del governo di proseguire con il "piano Albania", definendolo una scelta necessaria per regolare i flussi migratori. Tajani, intervenuto alla conferenza "L'Africa grembo del mondo: l'Italia alla guida dei rapporti con l'Ue", ha sottolineato l’importanza di un’Europa federale e popolare, pur mantenendo un’identità giudaico-cristiana. Una visione che, secondo lui, non coincide con quella sovranista di Elon Musk, ma che si fonda su un patriottismo italiano inserito in un contesto europeo più ampio.
D’altra parte, Giuliano Ferrara, pur non essendo un sostenitore del governo Meloni, critica apertamente quello che definisce un "pregiudizio di schieramento" da parte dei giudici e della sinistra. Secondo Ferrara, il potere giudiziario sembra aver trovato nel tema dell’immigrazione il proprio campo di battaglia, spesso entrando in contrasto con le scelte politiche del governo. Dalla vicenda della nave Diciotti a quella di Open Arms, passando per il caso Almasri e i migranti portati in Albania, i magistrati hanno esercitato un ruolo sempre più incisivo, mettendo in discussione il primato della politica.