Una speranza di rallentare il decorso della malattia di Alzheimer arriva dall’ America

SpyNews.it SALUTE

Tante strade sono state intraprese, negli ultimi vent’anni, per la lotta alla malattia Alzheimer.

In caso contrario la FDA potrebbe ritirare l’approvazione

Una nuova speranza di rallentare il decorso della malattia di Alzheimer proviene dall’America.

L’ente che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici degli Stati Uniti d’ America, crede nelle potenzialità di un nuovo farmaco. (SpyNews.it)

Se ne è parlato anche su altri giornali

Il nuovo farmaco agisce sulle cause. La FDA ha dunque dato l’autorizzazione all’Aduhelm: non accadeva dal 2003 per un farmaco contro la sindrome di Alzheimer in grado, per la prima volta, di intervenire in modo diretto sui meccanismi fisiologici che sono alla base della malattia, cioè la formazione di placche betamiloidi sul cervello. (Donna Moderna)

La terapia consiste in una iniezione al mese per via endovenosa che nella terapia contro l’Alzheimer contribuirebbe a rallentare il declino cognitivo dei pazienti che si trovano allo stadio iniziale della malattia. (L'Osservatore d'Italia)

Questo anticorpo monoclonale è il primo farmaco progettato per influenzare il decorso della malattia rallentando il deterioramento delle funzioni cerebrali e non solo per alleviare i sintomi. Approvato da Fda il primo farmaco efficace contro il morbo di Alzheimer, aducanumab”. (neXt Quotidiano)

Dopo il via libera dell’FDA, si dovrà attendere quello dell’Ema, l’agenzia europea del farmaco, e dell’Aifa, l’equivalente italiano. I neurologi non hanno dubbi: il nuovo farmaco, appena approvato negli Usa dalla Food and Drug Administration, l’ente del farmaco americano, rappresenta una svolta storica. (The Italian Times)

L’Aduhelm sarebbe il primo farmaco a intervenire non solo sui sintomi ma in modo diretto sui meccanismi fisiologici dell’insorgere della malattia, ovvero la formazione di placche betamiloidi sul cervello. (La Nuova Ferrara)

L’Aduhelm sarebbe il primo farmaco a intervenire non solo sui sintomi ma in modo diretto sui meccanismi fisiologici dell’insorgere della malattia, ovvero la formazione di placche betamiloidi sul cervello. (Gazzetta di Modena)