Bitcoin tra dazi e debito Usa: l’incertezza che scuote i mercati

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ECONOMIA

Mentre i dazi annunciati da Donald Trump, poi sospesi ma non ritirati, continuano a tenere in sospeso gli equilibri commerciali globali, il Bitcoin oscilla tra la reputazione di bene rifugio e quella di asset speculativo. Quello che fino a pochi anni fa era considerato un esperimento finanziario marginale, oggi si trova al centro di analisi che ne valutano la resilienza di fronte a tensioni macroeconomiche sempre più complesse. Non solo guerre commerciali, ma anche il debito pubblico statunitense, con i rendimenti dei Treasury che segnalano preoccupazioni sistemiche, stanno spingendo gli investitori a cercare alternative.

Se da un lato c’è chi vede nel Bitcoin l’equivalente digitale dell’oro – una copertura contro l’inflazione e l’instabilità valutaria – dall’altro persistono dubbi sulla sua capacità di reggere a shock prolungati. Le recenti fluttuazioni, legate alle dichiarazioni su Truth Social dell’ex presidente Trump, dimostrano quanto il mercato crypto sia ormai sensibile alla geopolitica. Lo spread tra azioni e commodities, così come i movimenti dell’S&P 500, sono diventati indicatori da monitorare per chi opera in Bitcoin, segno di un’interdipendenza che pochi avevano previsto.

L’ipotesi che il Bitcoin possa sfidare il dollaro, soprattutto in uno scenario di rivalità economica tra Usa e Cina, non è più relegata alle discussioni di nicchia. Alcuni analisti sottolineano come la sua natura decentralizzata lo renda attraente in contesti di guerre commerciali, dove le valute tradizionali sono esposte a manipolazioni e ritorsioni. Tuttavia, la mancanza di un quadro normativo chiaro e la volatilità intrinseca ne limitano ancora l’adozione su larga scala come riserva di valore.