La gigafactory fantasma e il crollo di Stellantis: Termoli nel limbo dell’industria che non decolla




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Termoli avrebbe dovuto essere il simbolo della rinascita industriale italiana, il luogo in cui l’automotive avrebbe voltato pagina grazie a una gigafactory da 2,1 miliardi, fondi del PNRR e un hub tecnologico destinato a trainare l’innovazione. Un progetto ambizioso, che prometteva energia pulita, occupazione qualificata e un ruolo centrale nell’economia europea. Ma oggi, di quel futuro resta poco più di un’ombra.
Come raccontato da PresaDiretta in un reportage andato in onda domenica 13 aprile su Rai 3, la crisi di Stellantis ha travolto anche le speranze del Molise. L’annuncio della fabbrica di batterie, inizialmente accolto come una svolta, è stato prima rinviato e poi lasciato in un silenzio carico di incertezze. Intanto, lo stabilimento locale della multinazionale – un tempo cuore produttivo – fatica a trovare un ruolo in uno scenario sempre più complesso.
I numeri diffusi nei giorni scorsi non lasciano spazio a interpretazioni: nel primo trimestre del 2025, Stellantis ha registrato un calo del 9% nelle consegne globali, con appena 1,2 milioni di veicoli passati alle reti commerciali. Un tracollo che il gruppo attribuisce alle pause produttive negli Stati Uniti e al rilancio dei pick-up Ram, ma che ha immediate ripercussioni sui listini di Piazza Affari. Il titolo, infatti, ha perso il 5% in un solo giorno, scendendo a 7,543 euro per azione.
Se la crisi dell’auto è un fenomeno continentale, in Italia assume contorni particolarmente drammatici. La gigafactory di Termoli, infatti, non era solo un investimento industriale, ma una scommessa sulla riconversione ecologica e sulla capacità di attrarre competenze. Senza di essa, il rischio è che un intero territorio rimanga ai margini della transizione energetica, con ricadute pesanti sull’occupazione e l’indotto.