“E' stata la mano di Dio”, la grande bellezza di Napoli e quel ''10'' che spinge Sorrentino fino agli Oscar

Al suo decimo film - e il 10 era il numero di Maradona - a vent’anni da “L’uomo in più”, il regista torna a girare a Napoli.

Per rispondere al quotidiano francese Figaro che considera Napoli “terzo mondo d’Europa”, Paolo Sorrentino presenta nella sua città il film “E’ stata la mano di Dio” e dice “Napoli se l’è sempre cavata benissimo”.

Un omaggio ai cineasti, si evoca Fellini con “E la nave va’”, ed il napoletano verace, Massimo Troisi, grande ispirazione per Sorrentino. (il Dolomiti)

La notizia riportata su altre testate

Il suo Fabietto è perfetto nella fragilità, nella sensibilità, nella crescita, nell’approccio verso il cambiamento che la vita gli propone. Successivamente il testimone passa a Diego Armando Maradona, il santo laico della città. (Taxidrivers.it)

Ecco che cosa ci hanno raccontato (Vanity Fair Italia)

Un successo oltre ogni aspettativa, con 3250 presenze registrare, 20 paesi UE rappresentati, 8 extraeuropei e l’intera penisola con istituzioni, enti e imprese provenienti da tutte le regioni del bel paese. (pesceinrete.com)

di Paolo Mereghetti. Auto da fé in forma di racconto di formazione, «È stata la mano di Dio» sorprende con la ricchezza delle sue suggestioni, perché il racconto autobiografico (ormai tutti sanno che il film gira intorno alla tragica scomparsa dei genitori del regista Paolo Sorrentino al tempo dei suoi diciassette anni) è solo una delle possibili piste da percorrere. (Corriere della Sera)

È stata la mano di Dio di Paolo Sorrentino, atteso come la manna per rilanciare le presenze in sala, in calo dall'inizio di novembre, sarebbe dovuto uscire con 400 copie ma, per volontà della produzione Netflix, improvvisamente il numero è stato ridotto a 250. (La Repubblica)

In sala domani, dopo la presentazione alla Mostra del cinema di Venezia dove ha vinto il Leone d’argento, È stata la mano di Dio, il nuovo film di Sorrentino è divenuto subito l’evento della stagione cinematografica nazionale grazie all’attesa abilmente costruita dal marketing di Netflix, ma soprattutto all'aura che circonda il nome del regista le cui opere rispondono perfettamente alla funzione di «popolare». (Il Manifesto)