Che cosa succede a Parler e perché Google, Amazon e Apple lo bannano

Startmag Web magazine ESTERI

Nel suo post il ceo di Parler afferma che Amazon, Google e Apple “hanno collaborato per cercare di garantire che non abbiano concorrenza”, aggiungendo” NON vinceranno!

Ma la mancanza di moderazione dei contenuti è proprio il motivo per cui le big tech Google, Apple e Amazon hanno sospeso i loro servizi.

Primo Google, poi Apple e infine Amazon hanno bannato Parler, l’app rivale di Twitter.

PARLER RIMOSSO DAL WEB. (Startmag Web magazine)

Se ne è parlato anche su altri giornali

Poco prima che il sito fosse abbattuto, il CEO John Matze aveva sostenuto che Amazon, Google e Apple stessero sistematicamente annichilendo i social della destra eversiva perché spaventati dalla concorrenza, quindi aveva annunciato che Parler sarebbe tornato attivo nel giro di una settimana. (Lega Nerd)

Matze ha duramente criticato Apple, dicendo che stava applicando degli standard alla sua piattaforma che contraddirebbero le stesse linee guida dell'azienda. Con questi principi, l'applicazione ha scalato la classifica dei download nei negozi di Google e Apple, raggiungendo il primo posto negli ultimi mesi del 2020. (Euronews Italiano)

Colpisce la crescita: 9,6 milioni di installazioni (7,8 milioni negli Usa) sono arrivate solo nel 2020. Tutto questo non su piattaforme blindate e gruppi segreti ma su Twitter e Facebook, oltre che su Parler. (AGI - Agenzia Italia)

Il social belga, creato nel 2006, è stato incorporato alla dating app Twoo nel 2014, per poi passare offline l’anno successivo. Da Netlog a Google+: schiacciati dalla concorrenza Mentre Facebook e Instagram conquistavano un numero sempre maggiore di utenti, altri social network non hanno tenuto il passo. (Corriere della Sera)

Parler v Amazon by TechCrunch. Secondo i legali di Parler, la sospensione del presidente uscente degli Stati Uniti su Twitter avrebbe potuto avvantaggiare la piattaforma divenuta rifugio dell’estrema destra e per questo Amazon l’avrebbe spedita offline. (Wired.it)

Dlive, una piattaforma di condivisione video, ha beneficiato molto dall’esodo di utenti di destra da Youtube, Facebook e Twitter. E già prima del silenziamento completo, Facebook e Twitter etichettavano o bloccavano i messaggi di Trump più palesemente falsi e dannosi. (Forbes Italia)