Drogata dal marito e stuprata da 50 uomini in 10 anni: «Trattata come una bambola di pezza»

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blue News | Svizzera italiana ESTERI

«Usata come una bambola di pezza»: calma e determinata, dinanzi al marito carnefice e agli altri 51 uomini accusati di averla stuprata per dieci anni, Gisèle Pelicot, ha raccontato dinanzi a cinque magistrati il calvario di cui è rimasta vittima per dieci anni, nel quarto giorno di processo al tribunale di Avignone (blue News | Svizzera italiana)

Se ne è parlato anche su altri giornali

Ma quando ha scoperto che anche lei, da bambina, è finita nella rete di stupratori e pedofili di cui faceva parte il padre, Caroline Darian - il nome è di fantasia - non ha retto alla rivelazione e in lacrime è scappata via dall'aula scortata dai suoi due fratelli e dall'avvocato. (EuropaToday)

PARIGI Si apre oggi al tribunale di Avignone il processo per gli stupri di Mazan: un padre di famiglia oggi 72enne ha drogato la moglie Gisèle per anni, facendola precipitare in uno stato di incoscienza, e invitato decine di uomini a abusare di lei nella notte, filmando gli incontri. (Corriere della Sera)

Gisèle Pélicot, la donna che per anni è stata violentata in casa sua a Mazan, in Francia, da sconosciuti con la complicità del marito Dominique che la drogava ha testimoniato ieri. (il Giornale)

Il coraggio di Gisele Pelicot, processo a porte aperte contro marito e stupratori: “Trattata come una bambola di pezza”

Avrebbe potuto chiedere e ottenere un processo a porte chiuse, conservare l’anonimato e proteggere quel che resta della sua vita dopo aver scoperto che suo marito per dieci anni l’ha drogata per poi consentire a decine di uomini contattati di entrare in casa sua e violentarla. (La Stampa)

Sono stati accertati 92 atti di violenza dal 2011, quando la coppia viveva ancora nella regione di Parigi, fino al 2020, quando ormai si era trasferita a Mazan, una cittadina di 6.000 abitanti nel sud della Francia. (Donna Moderna)

Ma lei non solo ha deciso di testimoniare al processo, ma anche chiesto che il suo nome sia fatto perché le donne vittime di abusi trovino il coraggio di denunciare e ha chiesto che il processo – iniziato tre giorni fa – fosse a porte aperte. (Il Fatto Quotidiano)