Sudan, due anni di guerra civile tra silenzi e indifferenza

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ESTERI

Roma – Era il 15 aprile 2022 quando il Sudan, già segnato da decenni di instabilità, precipitava in un nuovo conflitto interno, il quarto dalla sua indipendenza. Oggi, mentre il mondo sembra voltarsi dall’altra parte, la guerra civile ha prodotto quella che le Nazioni Unite definiscono "una delle peggiori crisi umanitarie del secolo". Trentamila morti, 13 milioni di sfollati, villaggi rasi al suolo da bombardamenti indiscriminati e una carestia che affama 24 milioni di persone: numeri che, tuttavia, faticano a scuotere l’attenzione internazionale, ridotta ormai a un mormorio distratto.

La violenza, che ha assunto forme brutali, non risparmia nessuno. Gli stupri sistematici, utilizzati come arma di guerra, si sommano agli attacchi contro civili inermi, mentre gli operatori umanitari – come quelli di Msf impegnati nel campo di Zamzam – tentano di arginare un disastro sanitario che vede intere generazioni private di cure essenziali. Eppure, nonostante l’evidenza della catastrofe, la risposta globale rimane frammentaria. L’Unione Europea ha destinato 522 milioni di euro in aiuti, e a Londra si susseguono incontri diplomatici per provare a tracciare una via verso la pace. Ma sul terreno, dove i combattimenti infuriano senza tregua, quelle discussioni appaiono ancora come un’utopia lontana.