Missili indiani sul Pakistan: macerie, vittime e una crisi che non si placa





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L’India ha lanciato un attacco missilistico contro il Pakistan, colpendo sei località e causando almeno 31 morti, tra cui due bambine, in quella che è stata definita una rappresaglia per l’attentato del 22 aprile in Kashmir, dove persero la vita 28 turisti. Tra le macerie di Bahawalpur, una moschea è stata completamente distrutta, mentre i social hanno diffuso immagini di edifici sventrati e frammenti di un missile MICA francese rinvenuti nel Punjab.
Islamabad ha risposto affermando di aver abbattuto un Rafale indiano, mentre Nuova Delhi sostiene di aver colpito un JF-17 pakistano. Una guerra di dichiarazioni che riflette la fragilità di un equilibrio sempre più precario, in cui ogni mossa è calcolata per evitare il peggio senza però cedere il passo. Le due potenze nucleari, infatti, pur mantenendo una strategia di “escalation controllata”, continuano a sfidarsi con una retorica che alimenta tensioni senza mai sfociare in un conflitto aperto.
L’India, che aderisce alla dottrina del «No first use», considera il proprio arsenale nucleare come strumento di difesa, mentre il Pakistan lo utilizza come deterrente, rifiutando qualsiasi impegno formale a non colpire per primo. Una differenza che, in un contesto già instabile, aumenta i rischi di una spirale incontrollabile. Gli Stati Uniti e la Cina hanno esortato alla moderazione, ma le dichiarazioni dei due governi lasciano intendere che la crisi sia ben lontana dall’essersi esaurita.