Groenlandia al voto tra indipendenza e pressioni internazionali





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Aperte questa mattina, 11 marzo 2025, le urne in Groenlandia per le elezioni anticipate del Parlamento nazionale, l’Inatsisartut, che conta 31 deputati. Un voto cruciale, non solo per i 57.000 abitanti dell’isola più grande del mondo, ma anche per gli equilibri geopolitici globali. La Groenlandia, infatti, si trova al centro di una complessa partita tra spinte indipendentiste dalla Danimarca, di cui è ancora territorio autonomo, e le mire espansionistiche degli Stati Uniti, che sotto la presidenza di Donald Trump hanno più volte manifestato l’intenzione di acquisire il controllo dell’isola.
Il motivo di tanto interesse risiede nelle immense risorse naturali della Groenlandia, tra cui terre rare e petrolio, fondamentali per l’economia globale, e nella sua posizione strategica nell’Atlantico settentrionale. Proprio queste caratteristiche hanno spinto Trump a insistere, negli ultimi anni, sulla possibilità di acquistare l’isola, una proposta che ha suscitato reazioni contrastanti tra i groenlandesi. Da un lato, molti vedono nell’indipendenza dalla Danimarca un obiettivo irrinunciabile; dall’altro, temono di cadere sotto l’influenza di una superpotenza come gli Stati Uniti, perdendo così la propria autonomia.
Le elezioni di oggi rappresentano dunque un momento decisivo per il futuro della Groenlandia. Gli elettori, poco più di 41.000, sono chiamati a scegliere non solo i rappresentanti del nuovo Parlamento, ma anche la direzione politica del paese: se accelerare il percorso verso l’indipendenza, mantenere lo status quo o cercare nuovi alleati internazionali. Un dilemma che si inserisce in un contesto già teso, dove le pressioni esterne si intrecciano con le aspirazioni di un popolo che, in larga parte, si identifica semplicemente come groenlandese, rifiutando etichette come “danese” o “americano”.
Il voto, inoltre, è stato preceduto da un acceso dibattito politico, con i partiti locali divisi tra chi sostiene una maggiore collaborazione con la Danimarca e chi, invece, spinge per una rottura definitiva. Non mancano, tuttavia, voci che invitano alla cautela, sottolineando i rischi di un’indipendenza affrettata in un contesto internazionale sempre più competitivo.