Lo Strega torna al patriarcato? Einaudi fuori, Nori dentro e il premio si tinge di sorpresa





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Mentre il Salone del Libro si prepara a celebrare la sua XXXVII edizione – perché la letteratura, a differenza di Sanremo o Venezia, resiste ai numeri arabi – il Premio Strega, giunto alla LXXIX edizione, ha già scatenato polemiche e riflessioni. La dozzina dei finalisti, annunciata tra le colonne del tempio di Vibia Sabina e Adriano, ha infatti riservato più di una sorpresa, a cominciare dall’esclusione dell’Einaudi, storico gigante del settore, che quest’anno non compare tra i contendenti.
Melania Mazzucco, scrittrice e direttrice del Comitato scientifico del premio, ha presentato la selezione con il consueto elzeviro critico, ma il vero fulmine a ciel sereno è stata l’assenza di I giorni di vetro di Nicoletta Verna, romanzo dato per favorito e pubblicato proprio da Einaudi. Una mancanza che ha lasciato molti stupiti, considerando il peso della casa editrice torinese, da anni protagonista nell’arena stregata. "Sorpresi e dispiaciuti", hanno fatto sapere dall’Einaudi, senza aggiungere altro.
Tra i dodici scelti, invece, spicca Paolo Nori con Chiudo la porta e urlo (Mondadori), presentato da Giuseppe Antonelli. Lo scrittore, bolognese d’adozione, ha reagito con la sua tipica ironia: "Ma guarda", ha scritto sui social, mentre gli arrivavano i primi messaggi di congratulazioni. La sua presenza, insieme a quella di altri autori pubblicati da piccoli e piccolissimi editori – come La Nave di Teseo e Adelphi, escluse quest’anno – riaccende il dibattito sul ruolo dei grandi marchi e sulle possibilità dei meno noti.