Come cambierà il commercio internazionale con le nuove tariffe Usa

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L’annuncio dell’amministrazione Trump sull’introduzione di dazi del 10% sulle importazioni statunitensi, in vigore dal 5 aprile, ha riacceso il dibattito sulle conseguenze per l’economia globale. La mossa, presentata come necessaria per “liberare” il mercato interno dalla dipendenza estera, rischia di alterare gli equilibri commerciali in settori che vanno dai beni di consumo all’energia, passando per prodotti medicali e tecnologia.
Tra i beni più colpiti ci sono i giocattoli, come le Barbie, e gli elettrodomestici, tra cui i forni, mentre i dispositivi elettronici e i semiconduttori sono stati temporaneamente esentati. La scelta arriva dopo l’imposizione di un’aliquota del 145% su alcuni prodotti cinesi, segnando un’ulteriore escalation nella politica protezionistica di Washington.
Particolare attenzione suscitano i possibili effetti sul settore medico-estetico, dato che molti filler e neuromodulatori – come il Restylane svedese o lo Xeomin tedesco – sono importati. Lo stesso vale per il Botox, prodotto esclusivamente in Irlanda, e per i trattamenti sudcoreani Letybo e Jeuveau, recentemente approvati dalla FDA. Se le tariffe dovessero applicarsi senza eccezioni, cliniche e pazienti potrebbero trovarsi di fronte a rincari significativi.
Non meno rilevanti sono le ripercussioni sul mercato energetico, nonostante la retorica trumpiana sulla energy dominance. L’obiettivo di rafforzare l’industria fossile americana potrebbe infatti scontrarsi con l’aumento dei costi legati ai dazi sul petrolio, compromettendo i piani di espansione nel settore. Il presidente ha ribadito la necessità di raddoppiare la produzione energetica per sostenere fabbriche e data center dedicati all’intelligenza artificiale, ma le nuove barriere commerciali rischiano di complicare il quadro.