I dolori del giovane Warfare europeo: soldi per i cannoni, tagli allo Stato sociale





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Come nelle corti dell’Ancien Régime, anche nei convegni in cui si radunano tecnocrati e ministri europei a Bruxelles c’è un’etichetta da osservare per dare ragione e torto allo stesso tempo senza offendere l’interlocutore con un eccesso di ipocrisia. Lo abbiamo visto ieri al Consiglio Economia e Finanza (Ecofin), dove i ministri che si occupano della nascente economia di guerra hanno recepito con favore la proposta del governo Meloni: uno stanziamento di 16,7 miliardi presi dal fondo europeo InvestUe che dovrebbe generare un moltiplicatore fantasioso pari a 12 e arrivare a «tirare» fino a 200 miliardi di euro da spendere in carri armati ma anche per la «difesa» in senso largo: infrastrutture, polizie, tecnologie «dual-use» civili e militari, sfigurando l’idea stessa di ricerca scientifica messa al servizio dei fabbricanti di cannoni.
Riarmo Europa, la proposta italiana «accolta con favore». Priorità all’industria Ue
Il “day after” della proposta italiana che punta a mobilitare fino a 200 miliardi di euro di investimenti privati per la difesa facendo leva su uno strumento di garanzia europeo e senza contrarre nuovo debito, ha visto il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti incassare il sì di molti suoi colleghi titolari delle Finanze. Al termine di una due giorni di intensi confronti a margine dell’Ecofin di Bruxelles, con un obiettivo principale: trovare le risorse per sostenere la nuova corsa agli armamenti dell’Europa e definire il perimetro - alla fine piuttosto limitato - delle eccezioni al Patto di stabilità.
L’Ecofin apre al piano Giorgetti: “Ma per la difesa fondi statali”
Il vocabolario dell’apprezzamento va da «interessante» a «intelligente». È quello che i ministri europei delle Finanze utilizzano per accogliere il piano per la difesa e la sicurezza dell’Europa a debito zero di Giancarlo Giorgetti. Il plauso al collega italiano è trasversale, dalla Francia alla Polonia, ma la questione del ruolo dello Stato per il riarmo del Vecchio continente resta aperta.
Kiev e difesa, destra spaccata. Dubbi Meloni su Ucraina