Sumy, la domenica di sangue e la guerra che non aspetta

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Denis, abitante di Blyzniuky, nell’oblast di Kharkiv, ha smesso di contare gli allarmi. Dopo il secondo avviso sul telefono, ha chiuso l’applicazione con un gesto di fastidio, abituato ormai alla costante minaccia dei droni russi, che qui chiamano "motorini". Più ci si avvicina al confine orientale, più il ronzio delle esplosioni diventa un sottofondo della quotidianità. Ma a Sumy, domenica 13 aprile, l’abitudine è stata spezzata da un attacco che ha trasformato le strade affollate per la Domenica delle Palme in un teatro di morte.
I missili hanno colpito nel cuore della città, uccidendo almeno 34 persone e ferendone 120, in quella che è diventata la strage più grave del 2025 in Ucraina. Le immagini delle body cam della polizia, diffuse poche ore dopo, mostrano il caos dei primi soccorsi: macerie, urla, corpi straziati. Volodymyr Zelensky, nel denunciare l’accaduto, ha respinto le giustificazioni russe: "Tutti i siti colpiti sono civili", ha insistito, elencando condomini, negozi e un’area di servizio tra i bersagli. Oltre a Sumy, nella stessa notte sono stati attaccati Odessa, Slovyansk, Uman e Kharkiv, in un’ondata di violenza che sembra voler cancellare ogni distinzione tra fronte e retrovie.