Il separatismo islamico in Francia passa anche dalle piscine

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Si capisce subito quando dietro la richiesta di privatizzare una piscina ci sono francesi di religione musulmana

Le due sorelle, come molte altre musulmane praticanti, utilizzano la piattaforma Swimmy, l’Airbnb delle piscine, lanciata in Francia nell’estate del 2017.

Anche a Rennes, nel nord della Francia, alle donne di confessione musulmana è concesso di farsi il bagno indossando il burkini nelle piscine pubbliche. (Tempi.it)

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Il tribunale amministrativo ha deciso di sospenderla, mercoledì 25 maggio, ritenendo che gli autori di questo nuovo regolamento abbiano “seriamente minato il principio di neutralità del servizio pubblico”. (Luce)

Il provvedimento era stato approvato tra le polemiche la scorsa settimana. È a partire da questa data che l’accesso alle piscine pubbliche sarebbe stato possibile anche alle donne musulmane fasciate nel burkini. (ilGiornale.it)

Anche la leader Marine Le Pen si è detta soddisfatta, descrivendo il burkini come «abbigliamento di propaganda islamica». Fermi tutti, o almeno stop al burkini, il costume islamico che copre il corpo femminile integralmente, per fare il bagno. (ilGiornale.it)

Ricordiamo che, nella stessa modifica delle regole che consente il burkini, è autorizzato anche l’andare in topless in piscina. Anche così, e nonostante non si tratti di una nuova polemica, il burkini ha già punteggiato l’intero dibattito politico nazionale. (Nanopress)

Consentire alle donne musulmante per motivi religiosi quello che è vietato agli altri, per il tribunale mina "il principio di neutralità del servizio pubblico”. La legge francese, in effetti, vieta qualsiasi accessorio che copra il viso delle persone nei luoghi pubblici per ragioni di sicurezza, ma il burkini lascia scoperto il volto. (EuropaToday)

Il tribunale amministrativo di Grenoble, nel Sud-Est della Francia, ha sospeso un provvedimento del nuovo regolamento per le piscine comunali della città che autorizza l'uso del burkini, (il costume da bagno femminile che copre interamente il corpo indossato dalle donne musulmane), ritenendo che «va a ledere gravemente il principio di neutralità del servizio pubblico» (Corriere del Ticino)