A un metro e con Ffp2 il rischio di contagio è trascurabile. La ricerca dell'Università di Padova

L'HuffPost INTERNO

Ad indicarlo sono i risultati ottenuti dal gruppo di ricerca di Francesco Picano, del dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università di Padova, pubblicati sul Journal of the Royal Society Interface.

Dall’applicazione del modello per la stima del rischio di contagio si capisce che non esiste una distanza di sicurezza “universale” in quanto essa dipende dalle condizioni ambientali, dalla carica virale e dal tipo di evento respiratorio. (L'HuffPost)

La notizia riportata su altri giornali

Le regole del distanziamento interpersonale usualmente utilizzate si basano principalmente sullo studio proposto da William Firth Wells nel 1934». «L'applicazione del modello fornisce una valutazione sistematica degli effetti del distanziamento e delle mascherine sul rischio d'infezione continua il professor Picano - (ilgazzettino.it)

Senza la mascherina, le goccioline di saliva emesse quando si parla da una persona che ha l’infezione da SarsCoV2 possono raggiungere la distanza di poco più d’un metro, mentre starnutendo arrivano fino 7 metri in condizioni di elevata umidità. (Metropolis)

Ad esempio, considerando un colpo di tosse con media carica virale si può avere un alto rischio di contagio entro i 2 metri in condizioni di umidità relativa media, mentre diventano 3 con alta umidità relativa, sempre senza mascherina Indossando invece le mascherine chirurgiche e FFP2 il rischio di contagio diventa praticamente trascurabile, sia che si parli, si tossisca o starnutisca. (Corriere della Sera)

Le goccioline contagiose. Secondo Wells, l’emissione di goccioline salivari avviene tramite la formazione di uno spray di goccioline spinto dall’aria espirata: le gocce nel loro moto evaporano, si depositano o restano sospese. (ilmessaggero.it)

Le goccioline in sospensione si possono depositare sulle superfici che diventano quindi il terreno di contagio una volta toccate dall’individuo sano. (Il Mattino di Padova)

"I risultati indicano che il rischio è fortemente influenzato dalle condizioni ambientali come l'umidità, dalla carica virale e dal tipo di attività respiratoria, suggerendo l'inesistenza di una distanza di sicurezza universale. (Adnkronos)