Strage a Sumy nella domenica delle Palme, mentre naufraga la trattativa Usa-Russia




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Domenica delle Palme, una giornata che avrebbe dovuto essere di preghiera e serenità, si è trasformata in un bagno di sangue a Sumy, città dell’Ucraina nordorientale. Missili russi hanno colpito il centro abitato mentre i civili si recavano in chiesa, uccidendo almeno 34 persone e ferendone oltre 120. È il più grave massacro di innocenti dall’inizio del 2025, un attacco che ha scavato nuove ferite in un Paese già devastato da due anni di guerra.
Tra le vittime, molte erano a bordo di un filobus centrato in pieno dall’esplosione. A sopravvivere, tra gli altri, il tredicenne Kyrylo Illiashenko, che, nonostante le ferite alla testa causate da tre schegge, è riuscito a rompere un finestrino e a fuggire dal mezzo in fiamme. Una volta fuori, con un gesto di coraggio disperato, ha sbloccato la porta anteriore, permettendo la fuga ai pochi passeggeri ancora vivi. Sua madre Maryna era con lui, ma del conducente e della maggior parte dei presenti non c’è stato scampo.
La reazione internazionale non si è fatta attendere. Volodymyr Zelensky, rivolgendosi direttamente a Donald Trump, lo ha invitato a visitare l’Ucraina per constatare di persona le conseguenze dell’aggressione russa prima di qualsiasi negoziato. Intanto, Keith Kellogg, inviato dell’ex presidente americano, ha definito l’attacco «un superamento di ogni limite di decenza». Parole che riflettono l’indignazione di Washington, dove l’ipotesi di un dialogo con Mosca sembra ormai definitivamente arenata.
Anche l’Europa ha alzato la voce. Emmanuel Macron e il governo finlandese hanno spinto per l’adozione di un nuovo pacchetto di sanzioni, il diciassettesimo dall’inizio del conflitto, da concordare con gli Stati Uniti. Giorgia Meloni, da parte sua, ha parlato di «barbarie» da fermare senza esitazione. Ma mentre i leader condannano, a Sumy si contano i corpi, si soccorrono i feriti, si piangono famiglie distrutte.