Per salvare l’acciaio Starmer nazionalizza l’ultimo altoforno britannico

Articolo Precedente
Articolo Successivo
Take back control (riprendere il controllo). Della siderurgia. E in tutta fretta, per salvare i circa tremila posti di lavoro dell’ultimo altoforno nazionale ancora in attività, a Scunthorpe, in Lincolnshire, e di proprietà di un gruppo cinese, Jingye, che totalizza perdite dai 200 ai 250 milioni di sterline l’anno e vuole disfarsene. In piena chiusura pasquale, di sabato, il governo ha riconvocato ieri la Camera dei Comuni per votare di corsa i prodromi della nazionalizzazione dell’industria siderurgica nazionale che aveva vivacchiato per un quarantennio in mani private. (il manifesto)
Ne parlano anche altre testate
Uk: min. Commercio, Governi precedenti "ingenui" su vendita British Steel a cinesi (Il Sole 24 ORE)
Ognuno ha la Cina che si merita. Il primo ministro Keir Starmer ha chiamato tutti all’appello per salvare dal fallimento lo stabilimento di Scunthorpe dell’acciaieria British Steel, di proprietà del Jingye Group dal 2020. (L'Opinione delle Libertà)
Il salvataggio dell’ultim’ora delle acciaierie di Scunthorpe, nel nord dell’Inghilterra, da parte del governo britannico, ha rimesso sotto la lente la questione degli investimenti cinesi nelle infrastrutture critiche del Paese. (Corriere della Sera)

Una situazione che non si verificava da 40 anni. In un solo giorno, un sabato di primavera nel pieno delle vacanze pasquali - che in Regno Unito durano due settimane - i membri del parlamento britannico sono stati richiamati a Londra per approvare un disegno di legge d’emergenza, fondamentale per salvare gli altiforni di Scunthorpe della British Steel, di proprietà cinese (Il Messaggero)
Ed è polemica tra Londra e Pechino. Perché, a dispetto del nome, British Steel è di proprietà dell’azienda cinese Jingye. (la Repubblica)
Allora il governo britannico di Keir Starmer ha deciso di prendere l’iniziativa, richiamando eccezionalmente il Parlamento britannico per oggi dalla… Si chiama British Steel, ma a dispetto del nome è di proprietà cinese, la Jingye, per cui gli altiforni “non sono più sostenibili dal punto di vista finanziario”. (la Repubblica)