Dazi e strategia: l’Italia nella partita transatlantica tra Usa e Ue

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Mentre l’Unione Europea e gli Stati Uniti tentano di evitare una nuova escalation sui dazi, la sospensione temporanea delle tariffe annunciata ad aprile 2025 – valida per novanta giorni – offre una tregua, ma non risolve le tensioni di fondo. Washington, che mantiene una linea dura verso Pechino, spinge per ridefinire gli equilibri commerciali globali, mentre Bruxelles cerca di preservare i propri interessi senza rompere l’asse atlantico. In questo contesto, il possibile incontro tra Giorgia Meloni e Donald Trump, prima ancora di consultazioni con altri leader europei, solleva interrogativi sul ruolo che l’Italia potrebbe giocare in una fase così delicata.
La politica commerciale americana, da Obama a Trump, ha mostrato una sostanziale continuità nell’uso dei dazi come strumento di pressione economica e geopolitica. Il secondo mandato di Trump ha accentuato questa tendenza, con un pacchetto di misure che, secondo il report Trump and Energy di Rystad Energy, sta ridisegnando il mercato energetico globale. L’obiettivo è chiaro: ridurre la dipendenza da fornitori esteri, favorire l’industria nazionale e usare le tariffe come leva negoziale. Una strategia che, però, rischia di penalizzare anche gli alleati europei, costretti a navigare tra le pressioni di Washington e la necessità di tutelare il proprio sistema produttivo.
A Bruxelles, il commissario per il Commercio Maroš Šefčovič ha ammesso che un’intesa con gli Stati Uniti non è ancora all’orizzonte. Nonostante i tentativi di trovare un compromesso, la minaccia di nuove tariffe rimane concreta. "Faremo tutto il possibile per un esito positivo", ha dichiarato il commissario alla Giustizia Michael McGrath, ma l’Ue è pronta anche allo scenario opposto. Le divergenze riguardano non solo i settori tradizionali, come l’acciaio e l’alluminio, ma anche le tecnologie verdi e le catene di approvvigionamento critiche, dove gli interessi americani ed europei non sempre coincidono.
In questo quadro, l’Italia si trova a dover bilanciare le relazioni con Washington e la coesione europea. Se Meloni dovesse incontrarsi con Trump prima di altri leader Ue, il rischio percepito è quello di un allineamento unilaterale, che potrebbe indebolire la posizione negoziale di Bruxelles. Ma c’è anche chi vede in questa mossa un’opportunità: Roma, sfruttando i suoi legami con entrambe le sponde dell’Atlantico, potrebbe proporsi come mediatrice, cercando di smussare gli attriti.