Pakistan, sospesi i voli a Karachi dopo gli attacchi indiani: cresce la tensione nel Kashmir





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Redazione Esteri
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Le autorità aeroportuali del Pakistan hanno bloccato tutti i voli in partenza e in arrivo a Karachi, oltre che in altri scali principali, dopo che l’India ha lanciato una serie di attacchi con droni nel territorio pakistano. L’operazione, avvenuta giovedì, ha provocato il ferimento di quattro soldati, secondo fonti militari di Islamabad, e segue di poche ore il lancio di missili che hanno ucciso oltre venti persone.
Non è la prima volta che New Delhi risponde militarmente a presunti attacchi terroristici attribuiti a gruppi armati sostenuti dal Pakistan. Ma l’operazione Sindoor, avviata mercoledì notte contro quelli che l’India definisce «nove campi terroristici», si distingue dalle precedenti per almeno un motivo: il coinvolgimento simultaneo di esercito, marina e aeronautica, segno di una strategia coordinata e su larga scala.
La miccia di questa nuova escalation è stata l’attentato del 22 aprile nel Kashmir indiano, rivendicato dal Fronte di Resistenza, legato al gruppo pakistano Lashkar-e-Taiba, in cui hanno perso la vita 25 turisti. Un episodio che riaccende una contrada mai sopita, quella sul Kashmir, regione contesa fin dal 1947, quando la spartizione tra India e Pakistan lasciò irrisolto lo status del piccolo regno indipendente. Se New Delhi rivendicò il territorio in base alla volontà del maharaja Hari Singh, Islamabad fece lo stesso appellandosi alla maggioranza musulmana della popolazione.
Oggi, a distanza di decenni, la situazione non solo non si è stabilizzata, ma rischia di trascinare le due potenze nucleari in uno scontro dalle conseguenze imprevedibili. Giovanni Paolo II diceva che «la guerra è sempre una sconfitta dell’umanità», eppure, lungo la Linea di Controllo, i morti civili continuano a crescere: almeno 38 nelle ultime ore, senza contare i villaggi devastati dagli scontri.