Acerbi, da muro difensivo a trascinatore: l’Inter si specchia nel suo vecchio leone

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Redazione Sport Redazione Sport   -   Francesco Acerbi, che a febbraio ha spento 37 candeline, non è solo il miglior difensore italiano in circolazione. È diventato, suo malgrado, anche un imprevedibile centravanti. Tre minuti dopo il novantesimo della semifinale di Champions contro il Barcellona, mentre il pallone sembrava ormai irraggiungibile e la partita volgere al termine, ha seguito un istinto che pochi avrebbero avuto. Quello di lanciarsi verso un’impresa impossibile, trovandosi esattamente dove serviva. Quella giocata, più di ogni altra, ha sintetizzato la stagione nerazzurra: una squadra che, quando sembra finita, scopre risorse inaspettate.

Non sono bastati la classe di Lautaro, le parate di Sommer o le incursioni di Frattesi a definire l’essenza di questa Inter. Ci ha pensato lui, il “vecchio Ace”, con una presenza che va oltre il ruolo. Quella notte a San Siro, tra chi ha creduto fino all’ultimo e chi ha lasciato lo stadio prematuramente – mormorando, troppo tardi, “ma cosa mi sono perso…” –, Acerbi è stato il simbolo di una fede calcistica che non conosce età.

Proprio Frattesi, del resto, ha confermato ancora una volta di essere l’uomo dei gol decisivi. Come a Monaco, come contro Verona e Udinese, il centrocampista ha segnato quando serviva, dimostrando una freddezza che pochi possiedono. Quella palla, pesante “10 chili” nell’istante cruciale, è finita in rete con la stessa naturalezza con cui, poche settimane prima, aveva dedicato il gol al Bayern alla nonna scomparsa.