Pietro Parolin, il diplomatico silenzioso che potrebbe cambiare il volto della Chiesa





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Redazione Interno
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Nato il 17 gennaio 1955 a Schiavon, un piccolo paese in provincia di Vicenza, Pietro Parolin ha vissuto un’infanzia segnata da un lutto precoce: a soli dieci anni perse il padre in un incidente stradale, un trauma che, secondo chi lo conosce, ha contribuito a forgiarne il carattere riservato ma determinato. Figlio di un ferramenta e di un’insegnante, entrambi cattolici praticanti, manifestò presto la vocazione sacerdotale, entrando in seminario a quattordici anni. Ordinato prete nel 1980, a venticinque anni, ha percorso una carriera diplomatica che lo ha portato a diventare uno dei pilastri della Santa Sede, tanto da essere oggi considerato uno dei favoriti per la successione al soglio pontificio.
Mentre il conclave prosegue tra fumate nere e attese, le indiscrezioni dalla Cappella Sistina rivelano dinamiche inaspettate. Il cardinale filippino Luis Antonio Tagle, inizialmente tra i papabili, avrebbe infatti scelto di rinunciare ai voti a lui destinati per orientare i sostenitori verso Parolin, Segretario di Stato vaticano e figura di equilibrio nel Collegio cardinalizio. Una mossa che, se confermata, dimostrerebbe non solo la capacità del porporato vicentino di tessere alleanze, ma anche la fiducia di cui gode tra i suoi pari.
Quella di Parolin è una storia fatta di silenzi più che di clamori, di mediazioni più che di protagonismi. Diplomatico di lungo corso, ha servito sotto tre papi, consolidando una reputazione da uomo capace di gestire crisi e dialoghi complessi senza mai alzare la voce. La sua ascesa, d’altronde, non è frutto di casualità: dopo gli studi in diritto canonico e l’ingresso nel servizio diplomatico vaticano, ha ricoperto incarichi delicati, tra cui quello di nunzio in Venezuela e di sottosegretario per i Rapporti con gli Stati.