Una forzatura le fascette ai migranti, ora il garante visiterà il centro di Gjader

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L’uso delle fascette di plastica per immobilizzare i polsi dei migranti trasferiti in Albania «non può essere indiscriminato», afferma Mario Serio, già ordinario di Diritto privato comparato all’Università di Palermo e da poco nominato dal governo Meloni tra i componenti del Garante nazionale dei detenuti. La sua osservazione, condivisa con gli altri due membri dell’organo di controllo – l’avvocata Irma Conti e l’ex magistrato Riccardo Turrini Vita, presidente – arriva mentre si accendono i riflettori sul nuovo “modello Albania”, che ha visto il trasferimento coatto di 40 persone già trattenute in Italia.

La nave Libra, partita da Brindisi all’alba di sabato 13 aprile e scortata da un rimorchiatore albanese, ha raggiunto il porto di Shengjin nel primo pomeriggio. A segnare l’avvio di questa sperimentazione giuridica e logistica, però, è stata un’immagine che ha sollevato più di un interrogativo: ogni migrante è stato fatto sbarcare con le mani legate da fascette, sotto la stretta vigilanza degli agenti di polizia. Una procedura che, secondo Serio, meriterebbe maggiore cautela, mentre il decreto che regola il trasferimento dei migranti dall’Italia all’Albania – già oggetto di critiche – continua a suscitare dubbi di legittimità costituzionale.

Tra le persone trasferite, alcune presentano storie complesse e situazioni delicate. C’è chi ha figli minori in Italia, e chi, come il ventenne bengalese rimpatriato dopo poche ore, non avrebbe dovuto essere incluso nel gruppo. La selezione degli individui destinati al centro di Gjader, infatti, appare ancora poco trasparente: non è chiaro in base a quali criteri siano stati scelti, né perché tra loro figurassero casi come quello del giovane riportato immediatamente in Italia.