Israele e Hamas, divergenze sul numero degli ostaggi e l'offensiva che non si ferma

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Redazione Esteri Redazione Esteri   -   Mentre la Striscia di Gaza sprofonda in una crisi umanitaria senza precedenti, le dichiarazioni contrastanti tra Israele e l’amministrazione statunitense sugli ostaggi ancora in vita alimentano tensioni già esasperate da mesi di conflitto. Donald Trump, nel corso di un intervento pubblico, ha affermato che solo 21 prigionieri trattenuti da Hamas sarebbero in vita, una cifra immediatamente smentita da fonti israeliane, secondo le quali il numero salirebbe a 24, sebbene su tre di loro persistano «forti dubbi».

La situazione sul terreno, intanto, si fa sempre più insostenibile. Le Nazioni Unite hanno lanciato l’allarme: oltre ottanta cucine da campo, fondamentali per sfamare una popolazione allo stremo, hanno cessato le attività dalla fine di aprile per mancanza di rifornimenti. «Questo sta diffondendo la fame», ha sottolineato un portavoce dell’Onu, evidenziando come quei pasti costituissero l’ultima risorsa per migliaia di civili. Un quadro drammatico che si inserisce in un contesto già segnato da distruzione e violenze, mentre l’esercito israeliano prosegue l’operazione “Carri di Gedeone”, occupando militarmente la Striscia con l’obiettivo dichiarato di smantellare definitivamente Hamas.

Le critiche alla comunità internazionale, accusata di immobilismo, non si placano. L’Unione Europea, nonostante i proclami di sostegno, sembra incapace di trovare una linea comune. Giorgia Meloni, durante il question time al Senato, ha ribadito l’appoggio a un «piano di ricostruzione credibile», includendo la prospettiva dei due Stati, ma senza avanzare proposte concrete per fermare l’escalation. Intanto, il governo israeliano avanza piani che suscitano allarme: il Gaza Media Office ha denunciato la possibile istituzione di «campi di isolamento forzato», paragonati senza mezzi termini a «ghetti nazisti», definendoli parte di una strategia genocida.

Sul fronte militare, la tregua rimane un’ipotesi remota. Israele ha posto una condizione precisa: la liberazione di almeno 10 ostaggi in cambio di 45 giorni di cessate il fuoco. Se Hamas non accetterà, l’invasione totale di Gaza diventerà inevitabile, con l’obiettivo di trasferire forzatamente la popolazione verso il sud e dare il colpo finale alla resistenza palestinese. Una prospettiva che divide anche la società israeliana, mentre i tunnel sotto la Striscia continuano a essere l’ultimo baluardo di Hamas, dove si presume siano nascosti i prigionieri.