È morto Mario Vargas Llosa, il Nobel che ha raccontato il potere e la ribellione

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Mario Vargas Llosa, uno dei giganti della letteratura latinoamericana, premio Nobel per la Letteratura nel 2010, è morto oggi a Lima, all’età di 89 anni. La notizia, diffusa dal figlio Álvaro attraverso un messaggio su X, ha ripercorso in poche righe una vita spesa tra romanzi, saggi e teatro, lasciando un’eredità che va ben oltre i confini del Perù, sua terra natale. "Con profondo dolore rendiamo noto che nostro padre è morto oggi, circondato dalla famiglia e in pace", ha scritto, aggiungendo che le esequie si svolgeranno in forma privata, come espressamente richiesto dallo scrittore.

Nato ad Arequipa nel 1936, Vargas Llosa aveva da poco compiuto 89 anni, un traguardo che non aveva affievolito la sua influenza nel panorama culturale internazionale. Naturalizzato spagnolo negli anni ’90, senza mai rinnegare le radici peruviane, è stato un autore capace di attraversare generi e confini, esplorando con lucidità i meccanismi del potere e le contraddizioni dell’individuo. L’Accademia di Stoccolma, nel conferirgli il Nobel, aveva sottolineato proprio questa capacità di mappare le "strutture del potere" e di restituire, al tempo stesso, "l’immagine della resistenza e della sconfitta" dell’uomo comune.

Tra i suoi romanzi più celebri, La città e i cani (1963) – opera che lo impose all’attenzione mondiale – e La guerra della fine del mondo (1981), affresco storico che rifletteva sulle dinamiche del fanatismo. Ma fu anche un intellettuale impegnato, candidandosi persino alla presidenza del Perù nel 1990, sebbene la sconfitta elettorale lo avesse poi spinto a dedicarsi esclusivamente alla scrittura. Le sue posizioni politiche, spesso controverse, non ne offuscarono mai il talento narrativo, riconosciuto anche da chi non ne condivideva le idee.