Leone XIV nei ricordi del vescovo Errera: "Dialogo e ascolto il suo dna"

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Redazione Interno
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Appena rientrato dal Perù, monsignor Lizardo Estrada Herrera, segretario generale del Celam e vescovo ausiliare di Cuzco, ha voluto condividere la propria emozione per l’elezione di Leone XIV negli studi di Radio Vaticana. Agostiniano, già vicario episcopale per la Vita Consacrata a Trujillo e presidente della federazione degli agostiniani peruviani, ha descritto il nuovo pontefice come un uomo il cui "dna" spirituale è plasmato dal dialogo e dall’ascolto.
Intanto, il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, in una lettera al Giornale di Vicenza ha rievocato i momenti successivi all’elezione del 267esimo successore di Pietro. "Credo di non rivelare nessun segreto", ha scritto, "se dico che un lunghissimo applauso ha accolto il suo accetto". Parolin, che ha definito quell’attimo "intenso" e per certi versi "drammatico", ha sottolineato come la serenità del neo-eletto abbia colpito i presenti.
Quella stessa compostezza è emersa anche nelle parole di chi, come monsignor Herrera, ha conosciuto Leone XIV – al secolo il cardinale statunitense Robert Francis Prevost – in contesti diversi, lontani dalla solennità vaticana. Prevost, la cui esperienza pastorale spazia dall’America Latina alle curie romane, si è distinto per un approccio che privilegia la concretezza, senza rinunciare alla profondità teologica.
La lettera di Parolin, scritta a caldo dopo il conclave, non indulge a retorica, ma fissa un’immagine precisa: quella di un uomo consapevole delle sfide che attendono la Chiesa, eppure straordinariamente tranquillo di fronte a un destino che, come lo stesso segretario di Stato ha osservato, "cambia totalmente la vita". Quella stessa consapevolezza è stata ricordata da altri che lo hanno incrociato nel suo percorso, confermando un tratto distintivo del nuovo papa: la capacità di unire fermezza e mitezza.