Eurofidi: un declino cominciato nel 2011

CRIF Ratings (‘CRIF’), l’agenzia specializzata anche nella valutazione della rischiosità dei Confidi, analizza e commenta il caso Eurofidi, più grande consorzio di garanzia fidi in Italia, alla luce della decisione di liquidazione approvata dai soci il 15 Settembre 2016.
Bologna, (informazione.it - comunicati stampa - economia) I segni del declino erano visibili già dal bilancio 2011 quando il Confidi presentava un debole profilo di liquidità, redditività e di asset quality. Da allora e fino al 2014 dai bilanci del Confidi piemontese non si evincono segni di miglioramento.
A fine 2014 il Consorzio riportava una struttura patrimoniale e di fondi inadeguata al profilo di rischio assunto, con un deficit patrimoniale stimato di oltre EUR118m: le perdite attese ed inattese sul portafoglio di garanzie ordinarie gestite da Eurofidi generavano un deficit di risorse patrimoniali di entità notevole che nemmeno l’aumento di capitale di EUR50m annunciato, e mai realizzato, nel corso del 2015, avrebbe colmato. A ciò si aggiungevano le difficoltà, fisiologiche del sistema, a raggiungere un equilibrio economico: per il periodo 2012-2014, Eurofidi ha registrato perdite economiche rispettivamente di EUR18m nel 2012; EUR27m nel 2013; EUR7,5m nel 2014, determinate principalmente dalla presenza di costi di struttura poco sostenibili oltre che dai massicci accantonamenti operati sulle posizioni deteriorate. Infine, si riscontravano gravi carenze anche sotto il profilo della liquidità: considerata la percentuale significativa di garanzie a prima richiesta, Eurofidi riportava disponibilità liquide non sufficienti alla copertura delle possibili escussioni bancarie connesse alle esposizioni deteriorate. Queste ultime a fine 2014 risultavano pari a EUR1,5bn (di cui EUR955m su garanzie ordinarie e EUR617m su garanzie segregate) su un totale di garanzie rilasciate pari a EUR3,4bn (di cui EUR2,7bn garanzie ordinarie e EUR747m garanzie segregate). ‘Dunque, non sorprende che in una tale situazione l’assemblea dei soci veda come unica scelta responsabile la liquidazione, specie se si esclude la ricapitalizzazione: solo la Regione Piemonte, con una partecipazione in Eurofidi del 19,86%, era pronta ad iniettare nuova liquidità’ commenta Angela Condoluci, analista di CRIF Ratings.

Il caso Eurofidi punta i riflettori su una parte del sistema finanziario italiano, quello dei Confidi, che per sua vocazione ha subito in maniera evidente la crisi del sistema bancario italiano. All’interno della filiera del credito alle piccole e medie imprese, i consorzi fidi si pongono come “connettori” tra gli istituti bancari e le imprese, garantendo le esposizioni creditizie delle ultime nei confronti dei primi. I benefici di questo rapporto si riversano sulle banche, in termini di condivisione/riduzione del rischio di credito a fronte di un maggiore set informativo che il Confidi, operando a stretto contatto con il territorio, dovrebbe fornire, e sulle imprese, in termini di maggiore accesso al credito bancario. Uno schema perfetto fintantoché la crisi economica non ha profuso i suoi effetti: aumento dei casi di insolvenza, incremento delle escussioni bancarie, assottigliamento dei margini economici, scarsa contribuzione pubblica, riduzione delle risorse patrimoniali.

Dalle valutazioni sui bilanci 2014 dei Confidi monitorati da CRIF Ratings, emergono chiari i segnali di debolezza del sistema: circa il 24% dei Confidi si trova in una classe di rischio molto elevato. E la situazione appare più grave all’indomani della liquidazione di Eurofidi, che accende un campanello di allarme sui sistemi di mitigazione del rischio di credito. In particolare si fa riferimento all’invalidità delle controgaranzie rilasciate dal Fondo di Garanzia, gestito da Medio Credito Centrale (di seguito anche “FCG”).
All’interno del rapporto di garanzia tra banca e Confidi, il FCG agisce in qualità di ente contro-garante con una percentuale di copertura dell’80%, ciò si traduce per banche e Confidi vigilati in un risparmio di patrimonio in quanto l’esposizione contro-garantita dal FCG ottiene ponderazione zero nel calcolo del RWA (Risk-Weighted Assets) e in ipotesi di insolvenza dell’impresa garantita, il FCG interviene, nei limiti della percentuale di controgaranzia, con il pagamento delle somme escusse dalla banca al Confidi.

Secondo quanto dichiarato dal direttore generale del consorzio torinese Massimo Ariano, una percentuale significativa delle controgaranzie ottenute dal FCG risultavano invalide, pertanto, Eurofidi ha provveduto a rettificare le esposizioni in essere per EUR32m. Secondo le prime indiscrezioni, l’inefficacia delle controgaranzie sarebbe connessa alla presenza di errori nella compilazione delle pratiche, a documentazione carente o assente, dunque a vizi di forma che vengono accertati dal FCG solo al momento del verificarsi dell’insolvenza, dunque ex post. Da qui nasce la preoccupazione che dovrebbe interessare tutti gli utilizzatori del FCG: se il fenomeno delle controgaranzie invalide fosse diffuso, porterebbe ad un ulteriore appesantimento dei conti economici nonché ad una riduzione della dotazione patrimoniale a fronte del rischio assunto che, nel caso dei Confidi, sta già da tempo delineando un trend in contrazione.
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