Trump ci porta dalla diplomazia alla negoziazione?

Il livello di aggressività negoziale assunto dagli Stati Uniti durante l’ultimo anno, come conseguenza della linea politica del loro presidente Donald Trump, mostra chiaramente i suoi effetti nella sfera della politica, ma anche in quella delle relazioni commerciali. Se sarà così, probabilmente potrà sopravvivere solo chi si dimostrerà più pronto ad affrontare le nuove dinamiche, che evolveranno naturalmente come conseguenza del mutato scenario.
Legnano, (informazione.it - comunicati stampa - economia) Il livello di aggressività negoziale assunto dagli Stati Uniti durante l’ultimo anno, come conseguenza della linea politica del loro presidente Donald Trump, mostra chiaramente i suoi effetti nella sfera della politica, ma anche in quella delle relazioni commerciali. Può piacere o no, ma l’uso di molti degli strumenti negoziali da parte di Trump, non solo stimola un interesse di tipo teorico in chi, come noi, si occupa di negoziati tutti i giorni, ma su un piano molto pratico può far prevedere un cambio veramente rapido della struttura delle relazioni di business tra le imprese.
Se sarà così, probabilmente potrà sopravvivere solo chi si dimostrerà più pronto ad affrontare le nuove dinamiche, che evolveranno naturalmente come conseguenza del mutato scenario. Il sistema macroeconomico è già perturbato, già se ne riconoscono gli effetti sulle relazioni tra i leader politici e ogni singola azienda dovrebbe prenderne atto, adottando strategie di allineamento delle Risorse Umane a queste nuove condizioni.
D’ora in avanti, un sofisticato processo negoziale, se necessario anche aggressivo, diventa la prerogativa di ogni persona coinvolta nelle attività aziendali. Non solo: più ci avviciniamo ai vertici più questi dovranno essere consapevoli che la mediazione di ‘politica interna’ potrà divenire marginale rispetto alla gestione dell’equilibrio del potere e alla pianificazione strategica di tale equilibrio nei confronti di ogni fornitore/cliente interno ed esterno.
Il ruolo del negoziatore interno allora deve superare quello di puro esperto, per acquisire un posizionamento prossimo al Leadership Team: non un semplice manager della negoziazione ma un executive con le prerogative e il peso di un ‘C’ level e un suo team di supporto. Tutto ciò non dovrebbe sorprendere, se si considera che già adesso la negoziazione, interna o esterna, fa parte integrante dell’attività ogni dipartimento: sempre più le vendite sono interconnesse con l’approvvigionamento, con la supply chain e con il marketing. L’impatto di un accordo preso in un punto della value chain ha impatto su altri e l’assenza di una regia genera diseconomie interne che possono anche essere enormi. Pensiamo all’acquisto di un sistema di trasporto ferroviario, l’interpretazione di una clausola contrattuale può impattare per centinaia di milioni sui costi di manutenzione e sulla posizione competitiva dell’azienda nei decenni successivi.
È terminata la Golden Age! Le decisioni prese (dal marketing o dal planning) quando vengono definiti beni o servizi da immettere sul mercato, possono avere implicazioni di lungo periodo per i team del Procurement e chi è all’origine di tale decisione potrebbe non comprendere appieno le conseguenze delle proprie posizioni sulla catena di negoziazioni successive. All’interno del proprio scenario competitivo saranno sempre più presenti le realtà che avranno compreso come il supporto di un membro del Leadership Team possa essere un fattore critico di successo per la supremazia durante e alla conclusione di ogni trattativa commerciale di qualsiasi tipo essa sia.
È già storia la cronaca di come Trump abbia approcciato Kim Jong-un e a seguito di un successo – forse solo di facciata – il passo successivo sono state le minacce di 50 miliardi di dollari di dazi alla Cina. Non è un caso. Sono queste le dinamiche negoziali che prestissimo le aziende si troveranno ad affrontare.
Un Negotiator in Chief, un ‘Chief Negotiator Executive’ (CNE) assicurerebbe i vantaggi di una strategia negoziale allineata, coesa e flessibile. I risparmi e il valore che può essere ottenuto con un piano di governo della catena negoziale possono essere sbalorditivi. È quindi il momento di pensare a una strategia organizzativa più sofisticata?
Ha senso nominare un membro del Leadership Team che sia responsabile delle migliori pratiche negoziali, identifichi i nodi critici dell’organizzazione, definisca il percorso e le linee-guida che supportano i team operativi, e comprenda e sia in grado di adattare il quadro complessivo che rappresenta dove l’azienda sta andando?
Avere un senior manager che conosca profondamente l’organizzazione, le sue reali flessibilità e le sue aree di forza, i potenziali impatti sulle persone, la gestione dell’insuccesso, diventa un requisito essenziale, prima ancora della preparazione dello specifico deal negoziale, perché consente una pianificazione strategica in grado di sfruttare il pieno potenziale dell’organizzazione nel suo complesso.
Vediamo alcuni degli elementi chiave che spesso vengono trascurati con un approccio puramente tattico.
Il coinvolgimento dell’Executive Team
• Spesso si sviluppano interferenze dei senior manager che minano le posizioni negoziali aziendali. Più frequentemente di quanto si possa immaginare le cause sono solo dovute a un cattivo allineamento complessivo. Qui il caso tipico è l’industria militare in cui l’eccesso di verticalismo può produrre equilibri di potere fortemente sbilanciati tra le funzioni.
• La costruzione di un piano di governo del negoziato che tenga conto delle alternative quando le posizioni del Leadership Team sono coinvolte per la firma finale. I momenti critici sono, ad esempio quelli finali a cui segue la di firma dell’accordo contrattuale. Classico qui è il caso dei grandi content providers quando è necessario firmare un accordo da centinaia di milioni, per il quale l’autorizzazione è stata data e, all’improvviso, una delle parti pone una precondizione inaccettabile. Cosa fare? Come gestire internamente un cambio così drastico di posizioni?
• Il livello di “engagement” che la controparte ha nei confronti del proprio Leadership Team.
La strutturazione delle aspettative
• Una significativa percentuale degli accordi fallisce per una inadeguata strutturazione delle aspettative. Lasciare al team negoziale la parte di comunicazione relativa alla strutturazione delle aspettative ha un effetto molto minore e può creare incoerenza. Trump agisce in prima persona e lascia al proprio team di aggiustare le posizioni. Questo non significa che il Chief Negotiator debba sempre essere presente, basta ricorrere a un tweet…
La definizione degli obiettivi e dei momenti in cui sospendere
• I momenti in cui interrompere e utilizzare precondizioni dovrebbero essere pianificati in anticipo.
• Il livello di autorizzazione è un altro elemento che deve essere accuratamente pianificato e concordato, perché è uno strumento per proteggere aree non negoziabili.
• Il valore e il costo di ogni posizione per entrambe le parti dovrebbero essere stimati e verificati.
Il valore globale
• Il valore di un accordo non è solamente e semplicemente legato alla transazione del momento, ma generalmente ha implicazioni per altre aree funzionali. Un esempio classico è quello che succede nel mercato delle memorie per uso militare e civile (ad esempio flash), dove il risparmio su un componente produce un beneficio immediato sul budget del buyer ma una catastrofe di costi addizionali diretti o indiretti all’intera azienda per le perdite di dati. Pensate a una banca che acquista memorie di basso costo, sulle quali sono immagazzinati i dati delle transazioni e che poi si deteriorano: i costi sono incalcolabili!
• È importante assicurarsi che l’analisi di impatto sia effettuata in relazione a tutte le aree funzionali e i benefici accuratamente distribuiti. È classico il caso del mercato farmaceutico dove c’è la tendenza a una dispersione degli acquisti di Marketing nel nome della flessibilità. Un accurato approccio di Category Management e il coinvolgimento di un CNE può consentire la conversione di benefici economici in maggior budget e quindi flessibilità per il Marketing stesso: il paradigma è cambiato!
In sostanza, se un approccio negoziale apparentemente aggressivo stia portando risultati reali agli Stati Uniti potremo verificarlo nei prossimi anni, mentre di certo la disoccupazione è scesa e le controparti stanno diventando molto attente a evitare provocazioni. Un Chief Negotiator Executive può contribuire all’immagine negoziale complessiva dell’azienda sul mercato e portare risultati che le permetteranno di sopravvivere in uno scenario probabilmente sempre più competitivo.
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