L'amnistia, il governo, la battaglia per una giustizia giusta: intervista al finanziere Fabio Calì

Il 17 maggio 2013 Fabio Calì è stato pienamente assolto (sentenza della X sezione penale del Tribunale di Roma) dalle accuse che lo avevano portato in carcere nel 2007 per una presunta truffa ai danni dell'allora Banca di Roma. In questa intervista a Radio Radicale Calì racconta la sua esperienza nel carcere di Regina Coeli e il suo recente impegno per le attività teatrali nell'istituto penitenziario di Rebibbia. Ecco cosa ci ha detto delle battaglie radicali e di Marco Pannella.
roma, (informazione.it - comunicati stampa - politica e istituzioni) Fabio Calì, ci vuole spiegare la sua vicenda e la sua esperienza carceraria, che l’ha portato ad interessarsi della situazione dei nostri istituti penitenziari anche una volta finita la sua vicenda giudiziaria?

FC: Una vicenda abbastanza difficile da poter ricordare ma è importante ricordarla, sia per me e per altri casi come il mio, sia per coloro che si sono visti travolgere in una situazione carceraria, colpevoli o non, questo è poco importante, la cosa fondamentale sono i diritti riconosciuti. La mia vicenda inizia nel 2007 da parte degli organi della Procura di Roma, i quali hanno destato e cambiato completamente la mia vita. Un processo che ci ha visti coinvolti in più persone con un’ordinanza di custodia cautelare, le quali persone poi si sono rivelate innocenti con un’assoluzione a formula piena perché il fatto non sussiste, quindi una totale inesistenza del rapporto probatorio che era stato a noi ascritto, e che ci ha visto vittime di quella situazione; in particolar modo non intendo solo evidenziare quello che è successo, che purtroppo la giustizia molte volte ci riserva, ma soprattutto la condizione carceraria che in questo momento si vive nel nostro Paese. Alcuni dimostrano un impegno enorme rispetto a questo problema, come Marco Pannella o Rita Bernardini, che per decenni combattono per una migliore risoluzione delle problematiche carcerarie, e non è solo un problema di sovraffollamento ma l’esistenza di una netta demarcazione tra stato sociale e stato carcerario. Da anni si combatte su questa vicenda, le mie esperienze mi hanno portato ad avvicinarmi a queste ragioni, che poi in modo egregio vengono sovvertite ogni giorno e portate in rassegna allo Stato, ma lo Stato sembra essere sordo. Si parla ogni giorno di amnistia e indulto, di atti di clemenza, di rieducazione e reinserimento dei detenuti i quali soffrono delle condizioni pietose, ed io per esperienza personale mi sono reso conto della gravità dei fatti di quello che esiste. Ogni giorno vediamo interventi a favore di questo problema, come l’intervento che Pannella ha fatto con il Santo Padre, anche lui sembra molto disponibile così come il nostro Presidente della Repubblica, Napolitano, che ha invitato le Camere a prendere un provvedimento affinchè le stesse possano auspicare quindi votare un atto di clemenza. L’Unione Europea doveva pronunciarsi in merito entro il 28 maggio, ma qui ormai si guarda solamente al danno economico, noi non abbiamo strutture. Abbiamo delle carceri ancora prive delle norme essenziali, dall’igiene alle capacità rieducative, tutto ciò che è il minimo delle attività umane.

Lei ha scontato la carcerazione preventiva nel carcere di Regina Coeli. In che condizioni si è trovato?

FC: Vivevo in una cella con altre 7 persone, la cui cella non superava gli 8 metri quadrati. In condizioni sanitarie pessime, servizi igienici posti all’interno del vano cucina, con la possibilità di fare la doccia a giorni alterni, anche d’estate.

Che tipo di rapporto si è instaurato con gli altri detenuti?

FC: Rapporti molto civili, anche la polizia penitenziaria è abbastanza vicina al detenuto, perché essa stessa vive e soffre le stesse condizioni del detenuto, e non hanno gli strumenti per aiutarli. Il carcere di Regina Coeli, che ospita spesso la carcerazione preventiva, vede soggetti che restano chiusi dentro la cella per 22 ore al giorno, non esiste alcuna attività da svolgere, il sovraffollamento non permette e non da la possibilità al carcere di dare maggior tempo di “uscita libera” perché mancano lo spazio fisico ed il tempo materiale; alla fine il detenuto riesce a fare una pausa di mezzora al mattino e una al pomeriggio, immaginate cosa voglia dire.

Lei ha dovuto subire il sequestro di tutte le sue attività, anche economiche. Che tipo di danni ha ricevuto da questa vicenda?

FC: Ho subito danni innanzitutto morali, nei confronti della mia famiglia. Mi è stato sequestrato tutto il patrimonio, che in seguito mi hanno restituito per intero, ma con lo Stato completamente assente.

Come ha appreso del suo arresto?

FC: Sono stato arrestato a Milano, dove mi trovato per affari, e trasferito a Roma.

Che impressioni ha avuto riguardo a ciò che il governo ha detto e sulle responsabilità di Renzi?

FC: Le rispondo con la mia grande stima per Pannella e l’impegno che ha dimostrato in questi decenni, anche se è stato poco ascoltato, l’intervento alle Camere posto in essere dal Presidente della Repubblica è stato pressoché inesistente; l’U.E ci imprime ogni giorno di modificare, si parla di amnistia ma di fatto ogni giorno ascoltiamo solo di suicidi che avvengono all’interno delle carceri. Le misure alternative che vengono proposte non sono assolutamente adeguate, la carenza nasce proprio dalla struttura carceraria che ormai è anacronistica nel nostro Paese.

Ha visto scene di disperazione in carcere?

FC: Se ne vedono tutti i giorni. La disperazione nasce dalla mancanza di capacità economica, dalla mancanza di rapporto con l’esterno, dalle pessime condizioni in cui si vive anche in rapporto con i famigliari. La rieducazione non nasce da sola, deve nascere insieme al coinvolgimento dei famigliari. Immagini quanti detenuti stranieri non hanno nemmeno la capacità economica di poter sentire i loro parenti, tutto questo non rieduca, abbrutisce.

Lei, una volta uscito dal carcere, prima della sua piena assoluzione, non ha dimenticato l’esperienza che ha vissuto e le è stato assegnato il premo Socrate 2000 per aver sostenuto le attività del carcere di Rebibbia. In che modo?

FC: Con un progetto che si sta ancora portando avanti: il carcerato viene coinvolto in un’attività teatrale, con degli attori professionisti, e questo da la possibilità all’esterno di essere reintegrati. E questo è un investimento economico mio personale che faccio per questa struttura e cerco di coinvolgere maggiormente sia attori che professionisti che trovo disponibilissimi a queste attività. Ma serve a poco, ci vorrebbe molto altro. Se ognuno di noi facesse qualcosa potrebbe dare una mano enorme. Il punto non è fare delle misure alternative o ripianare il sistema con le nuove carceri, l’amnistia e l’indulto sono elementi essenziali ma il governo dovrebbe necessariamente provvedere nell’immediato. Tutti aspettavamo il 28 maggio per capire cosa poteva succedere, siamo a giugno e c’è un silenzio tombale. Ieri leggevo su un quotidiano nazionale che la forza pubblica del nuovo governo e quindi il maggior valore assunto verso l’Europa viene visto come atto di clemenza verso il governo. Ci sono ogni giorno tantissimi suicidi o tentati sucidi nelle carceri, più di uno a settimana. Se questa gente potesse parlare anche solo un minuto al giorno sulla sofferenza vera e concreta che si sopporta…

Adesso cosa pensa che farà la politica?

FC: Non credo che il mondo politico non abbia il coraggio di agire, il nostro presidente del consiglio dimostra sempre più voglia e capacità di sviluppo e riadeguamento di questo Paese, ma credo che non ci siano i numeri in Parlamento. Abbiamo una norma costituzionale che prevede che i due terzi debbano votare gli atti di clemenza, e nella condizione politica mancano questi numeri. Non credo che le forse pubbliche non vogliano, molte volte anche il nostro ministro della giustizia ha dichiarato la sua disponibilità, ma sa bene che non esistono i numeri.
Lei ritiene che oggi ci siano le condizioni per uscire fuori dalla crisi? Secondo lei è arrivato il momento della ripresa?
FC: Siamo in un momento in cui il nostro Paese vedrà una rinascita, sono fiducioso. Apprezzo molto che il nostro presidente del consiglio stia dimostrando un grandissimo impegno, finora ciò che ha promesso lo ha fatto. Dovremmo guardare agli economisti del novecento, i quali dicevano che molte volte le crisi sono un fattore mentale. L’Italia non è in crisi, è l’intera situazione globale che lo è. L’Europa e l’Italia si basano molto sulla ripresa degli Stati Uniti d’America, dopo 24 mesi arriverà la nostra. Noi abbiamo delle risorse fondamentali, la posizione geografica, la nostra bellezza, il turismo, la genialità italiana, i prodotti made in Italy. Certo, tanti ragazzi stanno scappando verso l’estero e li capisco ma io sono convinto che tra 24 mesi ripartiremo, con una condizione completamente diversa, riadeguandoci ad un ritmo economico più lineare. C’è stato un momento di “bolla di pazzia” dell’italiano; l’italiano è stato abituato all’indebitamento, al “mutuo facile” – uno dei peggiori disastri dell’unione famigliare – perché si elargivano mutui che molte volte raggiungevano l’80% della capacità economica di una famiglia. Abbiamo ricostruito l’Italia che ora compie 68 anni, e ora dobbiamo riabituarla ad una condizione diversa, e a ripartire. Il nostro debito pubblico è enorme, se non diamo una regolata ai conti non possiamo guardare ai conti degli italiani. Le cose devono partire prima delle istituzioni e poi dalla gente comune.
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