La madre è Dio? A Lecce la commedia “Mamma” di Aldo Augieri per Asfalto Teatro indipendente

Aldo Augieri, attore e regista di Asfalto Teatro indipendente, porta in scena a Lecce “Mamma”, una pièce teatrale centrata sul ruolo materno fondamentale per lo sviluppo dei figli ed analizzato dalla psicologia, letteratura, cinema. Sul palcoscenico una madre prende la parola e descrive la sua esperienza materna.
Bologna, (informazione.it - comunicati stampa - arte e cultura)

"Questo spettacolo vuole criticizzare un mito, il mito dei miti e addirittura un tabù: la figura della madre”. Queste le parole con cui Aldo Augieri, attore e regista di Asfalto Teatro indipendente, porta in scena a LecceMamma”, una pièce teatrale centrata sul ruolo materno nei giorni 17 e 18 gennaio presso la sede in via Dalmazio Birago 60 alle ore 21. Il giorno 17 è riservato solo alle spettatrici donne che sono invitate a portare un bambolotto con sé, mentre il giorno 18 è aperto a tutti.

Su facebook l’autore ha sollecitato la curiosità con frammenti ed idee tratti dal copione: “Che bello iniziare l’anno con mamma”, ha scritto un giorno, rivelando in questa scelta una particolare audacia.

Infatti questo soggetto suscita la più accesa querelle tra quelli che l’innalzano agli onori degli altari, soprattutto nella società familistica sud-europea – la mamma è sempre la mamma – e coloro che invece ne analizzano lucidamente la funzione, i limiti e i confini oltre i quali ci sono ripercussioni patologiche sulla salute mentale dei figli.

La mamma, insomma, fa bene o fa male?

Nonostante un’apertura democratica di facciata, per cui sembra che tutti possano dire tutto, sui social, sui media, si ha l’impressione che quello che è davvero importante venga taciuto, rimanga implicito, per cui ancora inconscio, non dichiarato. Oppure non se ne può parlare, perché suscita una forte resistenza, colpendo i punti nevralgici dell’uomo, la sua stessa costituzione fisica e psichica, le radici dell’essere umano. Anche Augieri osserva che “in questa società non puoi criticare nessuno, non puoi dire nulla”.

Il teatro, però, l’arte in generale, il mito, la favola, possono affrontare la sfida di andare a toccare i tasti dolenti, di scoprire i veli o gli arcani. William Shakespeare in Amleto fornisce ampio materiale che può essere interpretato in temini psicoanalitici. Il dubbio amletico è quello di un uomo che non riesce a rivolgersi contro la madre, anche se le riconosce il ruolo di motore inconscio: in quanto donna è la causa affettiva ed emozionale delle azioni che vengono svolte dagli uomini. La madre è deus ex machina, la madre è dio e dio non si può nominare o toccare, la sacra famiglia è intoccabile. È questo il mistero della Sfinge, è questa la spiegazione del complesso di Edipo, come ben trattato dall’analista freudiano Sergio Martella.

Tuttavia il mito greco ci insegna che i figli si ribellano sempre agli dei-genitori, all’autorità, al tradizionale ordine costituito per sovvertire lo status quo e realizzare il necessario e naturale ricambio generazionale. La dialettica tra genitori e figli diventa un conflitto tra generazioni che esclude la teoria propagandata dai media dell’esistenza di un conflitto tra i generi ovvero i sessi inesistente per natura.

La psicoanalisi ha ben analizzato il mito ed è andata oltre. Freud spiega la funzione dell’oggetto primario – la madre – nello sviluppo psicosessuale del bambino; Jung sviluppa l’archetipo della Grande madre; tutta la psicoanalisi contemporanea – da Bowlby a Fonagy, Mitchell, Fairbairn, Cohut – si occupa della relazione dei figli con le figure primarie.

Figli che poi diventano adulti e costituiscono la società in cui portano i loro modelli relazionali per cui tutto ciò che accade di bello o di brutto, di nobile o tragico, è il riflesso, il precipitato di questi vissuti familiari. Il mondo è una nostra rappresentazione: ciò che ci circonda diventa una proiezione di quello che abbiamo dentro. In questo modo è possibile spiegare la violenza, l’aggressività, i disturbi mentali, sgombrando il campo da distorsioni e false narrazioni come il bullismo e il femminicidio.

Dunque Augieri inizia l’anno nuovo con una testimonianza scomoda e coraggiosa: sul palcoscenico una madre prende la parola e descrive la sua esperienza materna. Quale storia racconterà?

Il tema del materno è oggetto di dibattito culturale in moteplici ambiti, psicologico-clinico, cinematografico, letterario, ma – osserva Augieri – “in quello teatrale ho fatto delle ricerche e sono emerse due tendenze: quella di dare voce ai figli oppure di enfatizzare il ruolo di protezione della madre. Ho potuto osservare che nessuno ha posto l’attenzione sul fatto che la mamma costituisce un preciso sistema educativo”.

La psicologia aggiunge che la madre ha una funzione affettiva: essa fonda le emozioni del bambino, le modula, le contiene e le restituisce, diventando fondamentale per il suo sviluppo psichico. Gli affetti sono qui intesi come coloriture dell’esperienza: sono in primo luogo esperienze corporee ripetute nell’interazione tra madre e bambino che poi si differenziano a livello cognitivo. In una società erroneamente definita patriarcale e maschilista, si evidenzia il primato matriarcale: la madre o donna esercita un enorme potere affettivo ed influisce sulla vita emozionale che è il fondamento del comportamento umano.

Considerata la posta in gioco, ovvero la salute mentale, il benessere dell’individuo e quindi dell’intera società, diventa saliente riflettere su questi argomenti, tenendo presente che le relazioni tra genitori e figli possono basarsi su principi basilari di rispetto, igiene ed educazione affettiva. Le funzioni genitoriali sono quelle di agevolare le spinte evolutive all’autonomia, all’indipendenza, il processo di emancipazione ed individuazione dei figli, consentendo la differenziazione dalla fusione simbiotica materna e la socializzazione.

“La commedia “Mamma” – spiega Augieri – nasce da una pausa durante le prove del “Castello dei tranelli” a Corigliano d’Otranto che coinvolgevano attori e utenti del Centro di Salute mentale di Lecce. Durante la pausa ho ascoltato le voci dei ragazzi che parlavano a telefono e su tutte echeggiava la parola “mamma”: mamma torno più tardi, mamma le prove non finiranno tardi, mamma mangiamo qui”. Che cosa fa questa mamma? Lo scopriremo durante lo spettacolo”.

Se parlare è narrare e rappresentare, il teatro diventa uno strumento narrativo: esiste un diritto alla narrazione e tutti abbiamo quello di narrarci. Raccontare del materno è biografia ed autobiografia. Narrare è l’azione che restituisce dignità e soggettività al figlio. L’uomo diventa padrone e signore di se stesso, del proprio destino e decide liberamente la propria vita.

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Info e prenotazioni 3382433222.

Costo del biglietto: 5,00 € il giorno 17 gennaio riservato solo alle donne;

il giorno 18 gennaio 6,00 € per gli studenti e 8,00 € per gli adulti.

Articolo e comunicazione giornalistica a cura di Michela Maffei

 

 

 

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