Riforma delle Banche Popolari – Dibattito nella sede di ABI

Fonte: Giornale Informazione Quotidiana.
Milano, (informazione.it - comunicati stampa - politica e istituzioni) Riforma delle Banche Popolari – Dibattito nella sede di ABI in via Olona a Milano in occasione della Presentazione del libro di Corrado Sforza Fogliani –
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Presentato nella sede dell’ABI a Milano il libro-denuncia di Corrado Sforza Fogliani

BANCHE POPOLARI E IL RISCHIO DI UN OLIGOPOLIO BANCARIO

La riforma delle Banche Popolari ha colpito un sistema che per centocinquant’anni ha finanziato la crescita delle piccole e medie imprese che rappresentano il tessuto connettivo del Paese.

Perché questo sistema è stato colpito in Italia e mantenuto altrove? A chi faceva comodo – magari in Europa – indebolire il nostro apparato finanziario già messo a dura prova da dieci anni di crisi economica e dalla moneta unica?

E’ un documentato atto di denuncia quello contenuto nel libro “Siamo molto popolari” che il presidente di Assopopolari Corrado Sforza Fogliani ha scritto per l’editore Rubbettino, riassunto nel sottotitolo “Controstoria di una riforma che arriva da lontano e porta all’oligopolio bancario”. Il libro è stato presentato nella sede dell’ABI-Associazione Bancaria Italiana di Milano, con interventi di Fausto Capelli, Giovanni Ferri, Carlo Fratta Pasini, Andrea Greco, Pierluigi Magnaschi, Nicola Porro, Nicola Saldutti, Giulio Tremonti, coordinati da Nino Sunseri.

La riforma Renzi del 2015, sostiene Sforza Fogliani, ha eliminato un sistema di credito nei mercati legati al territorio che faceva concorrenza alle grandi banche i cui maggiori azionisti, alla fin fine, sono i fondi di investimento speculativi europei e statunitensi, come dimostra la documentazione in appendice al libro stesso.

La riforma delle banche popolari è stata fatta attraverso la decretazione. Una procedura certamente anomala e frettolosa. E la scelta del governo Renzi e’ intervenuta a poche settimane di distanza dalla svolta della Bce che ha avviato il programma di acquisto di titoli di Stato in Europa ( il c.d. Quantitative easing ).
Un piano che ha messo in sicurezza il debito pubblico italiano e consentito allo Stato di risparmiare circa venti miliardi di interessi. Ma la coincidenza e’ alquanto sospetta .

Secondo Tremonti, che affronta il discorso generale del rapporto banche-risparmiatori nel nostro Paese, siamo passati negli anni da un opposto all’altro.
Dalla sacralita’ della moneta e dunque per traslato del soggetto che la emetteva, anche per quanto concerne la responsabilita’ nei controlli dallo stesso compiuti (che un tempo erano piu’ blandi) e dalla
sacralita’ del risparmio, la cui tutela discende dall’art. 47 della Carta Costituzionale, nientemeno che al bail in.

Pochissimi ricordano l’esempio limite in tema di tutela del risparmio. Il cosiddetto decreto Sindona. Che prevedeva addirittura la possibilita’ di un prestito dalla Banca d’Italia alle Banche in liquidazione coatta ad un tasso dell’ 1% e per un importo pari all’ammontare dei titoli di Stato depositati presso la Banca d’Italia stessa, in modo tale da permettere la tutela dei risparmiatori attraverso il meccanismo del positivo spread fra i tassi.

Ora, la normativa europea sul bail-in (con il suo limite quantitativo uniforme dei 100mila euro) non tiene conto nemmeno delle differenze economiche e sociali tra gli Stati e della loro cultura del risparmio, e addirittura e’ assurdamente retroattiva.

Non sono mancate le motivate critiche alla gestione di molte banche popolari precedute da una lapidaria considerazione di Magnaschi che ha ricordato una celebre frase di Luigi Einaudi: il capitalismo possiede in sé un cancro che deve essere scoperto e reciso prima che si trasformi in oligopolio o in monopolio.

Ora che le principali banche popolari non sono più popolari, il credito al territorio come potra’ essere assicurato ? Le banche possedute dai grandi fondi punteranno tutto sul risparmio gestito, senza rischi. E le imprese che vorranno finanziarsi dovranno ricorrere al capitale di rischio. Chi potrà lo farà, ma ai piccoli imprenditori cosa resta? Lo ha ripetuto, in chiusura l’autore del libro, sottolineando come la riforma abbia colpito in Italia un sistema creditizio che pure rimane fortissimo in altri Paesi: oggi nel mondo sono attivi oltre 200.000 istituti con 435 milioni di soci, 700 milioni di clienti, 9 .000 miliardi di euro di raccolta.

Una domanda alla quale nessuno sa dare risposta, a cominciare
dai grandi soloni della finanza.
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