Venerdì 10 e domenica 12 febbraio 2017 “Il ratto dal serraglio” al Teatro Municipale Romolo Valli di Reggio Emilia

La nuova produzione del TCBO, in scena dopo la prima e le successive repliche, accompagnate da giudizi contrastanti, al Teatro Comunale di Bologna
Forlì, (informazione.it - comunicati stampa - arte e cultura) Il Ratto dal Serraglio al Teatro Valli di Reggio Emilia.

Dopo la prima e le successive repliche, accompagnate da giudizi contrastanti al Teatro Comunale di Bologna, la nuova produzione del TCB “Die Entführung aus dem Serail” (Il ratto dal serraglio) di Wolfgang Amadeus Mozart arriva al Teatro Romolo Valli di Reggio Emilia, Venerdì 10 e domenica 12 febbraio 2017 .
Questa versione del celebre Singspiel mozartiano, opera con dialoghi parlati in lingua tedesca, è stata realizzata in coproduzione con il Festival di Aix-en-Provence, dove è stata rappresentata, pure non senza polemiche nel 2015, e il Musikfest Bremen.

La regia è affidata all’austriaco Martin Kušej (vincitore in Germania, nel 2012, del prestigioso premio “Faust” per la migliore regia teatrale), uno dei più interessanti e “radicali” registi teatrali del nostro tempo, noto per le sue realizzazioni sceniche che esplorano temi più “infuocati” della società, come nel caso di questa messa in scena del “Ratto” mozartiano, in cui le vicende dei protagonisti sono interpretate come metafora dei contrasti tra Oriente e Occidente e le cui scene generano un forte impatto per l’inevitabile associazione con le immagini dell’Isis, pane quotidiano della nostra cronaca.

La direzione è di Nikolaj Znaider, danese, affermato violinista sempre più frequentemente impegnato nella direzione d’orchestra e con il quale il Teatro felsineo sta avviando un rapporto di sempre più stretta collaborazione, è vigorosa, piena.
Precisa, come sempre, l'esecuzione dell’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna.

I dialoghi, recitati integralmente, sono stati riscritti dal drammaturgo contemporaneo Albert Ostermaier che trasporta la vicenda negli anni Venti del Novecento (gli anni di Lawrence d’Arabia e del tardo colonialismo europeo), collocandola dunque in un Oriente vicino a noi per epoca e ambientazione.
Anni in cui le potenze occidentali fecero del Medio Oriente terra di conquista, di estrazione del petrolio suscitando il risentimento delle popolazioni, di cui l’Isis di oggi si può considerare il prodotto finale. “Il libretto non è politico e dice poco sia sull’Islam sia sulla nostra idea di Islam – precisa Ostermaier – tuttavia apre anche interessanti prospettive psicologiche e politiche non appena lo si traspone in un contesto storico concreto. Il quadro ideale, che permette di fugare ogni pseudo attualizzazione giungendo alle radici della crisi attuale, è a mio avviso la Prima guerra mondiale e la politica orientalista svolta dalla Germania dell’epoca. Erano gli anni in cui l’impero tedesco si era alleato con quello ottomano (i turchi) e si opponeva alle potenze coloniali (Gran Bretagna, Francia e Russia). La Germania si considerava come potenza protettrice dell’Islam contro gli oppressori coloniali (…). All’epoca evidentemente si trattava di un teatro di guerra secondario, ma tutti i fattori che oggi determinano la crisi mediorientale erano già, all’inizio del conflitto e durante gli anni Venti, estremamente virulenti: la fatwa, i jihadisti, la divisione tra sunniti e sciiti, i talebani, gli interessi economici inerenti lo sfruttamento delle risorse, i giochi di potere e strategici, le guerre per procura, il colonialismo senza scrupoli e quello nascosto, la religione come arma di guerra”.
Il Singspiel mozartiano, che mancava dalle scene bolognesi dal 1986, si presenta ora in una forma del tutto inedita, tra le dune del deserto, in piena atmosfera da Stato Islamico.
Nella messa in scena di Kušej la storia del “Ratto” si svolge nel deserto, luogo degli estremi (dalla calura del giorno al gelo della notte) e, nella visione superficiale, quintessenza dell’inutilità (non c’è che sabbia, che ingombra gli occhi e la mente), dunque luogo ideale per collocare quella “umanità estrema” rappresentata dall’opera di Mozart, con i suoi abissi dell’anima e sentimenti che variano con la stessa repentina intensità della temperatura nel deserto.

“L’idea di rappresentare l’opera nel deserto è sorta velocemente – dice Kušej – questo è un luogo estremo, che mostra i personaggi abbandonati in situazioni molto dure, impedendo così ogni deformazione in un giardino-paradiso da fiaba orientale”. Il significato drammaturgico del testo tuttavia non cambia: nel libretto originario la vicenda è ambientata alla corte di un Pascià che minaccia stragi e poi alla fine libera i quattro ostaggi stranieri, nella nuova versione l’epilogo è opposto ed è proprio la scena finale l’origine di tutte le polemiche suscitate da questa produzione sin dal suo esordio che avvenne subito dopo Charlie Hebdo. Si tratta comunque sempre di europei bianchi tenuti prigionieri da arabi-turchi o comunque musulmani – sottolinea il regista – ma se durante l’Illuminismo era forse ancora possibile dare a questa storia un finale positivo, oggi è assolutamente sicuro che i terroristi finiscano per decapitare i loro prigionieri.

Su questo sfondo, che emerge nell’opera con grande cautela, tra dune di sabbia e tende berbere si svolge la contrastata vicenda di due coppie di amanti e dei loro antagonisti. “Non voglio addentrarmi nei dettagli – precisa ancora Kušej – in ogni caso il tradimento gioca un grande ruolo anche nelle relazioni tra i personaggi del Ratto. Queste possono essere d’amore o anche di dominio o di amicizia; persino relazioni ideologiche o cariche d’odio vengono ala luce sempre connesse a un possibile tradimento o a una rottura di fiducia”. A interpretare i ruoli di questa dimensione socio-emotiva, che rende l’opera doppiamente attuale, sul palco troviamo Karl-Heinz Macek nel ruolo del pascià Selim, Cornelia Goetz in quello di Kostanze, Julia Bauer nei panni della sua cameriera Blonde, Bernard Berchtold come Belmonte, Johannes Chum nel ruolo del suo servitore Pedrillo. A interpretare Osmin, che con le sue ossessioni omicide diventa il prototipo del terrorista islamico, c’è Mika Kares.

Le scene sono a firma di Annette Murschetz. La regia è ripresa a Bologna da Herbert Stoeger, i costumi sono di Heide Kastler e le luci di Reinhard Traub. Il Coro del Teatro Comunale di Bologna è diretto da Andrea Faidutti.
Ufficio Stampa
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