Brexit - Autorità bancaria europea a Milano

Campagna di opinione: QN Il Giorno del 1 luglio 2016 pag. 3. Intervista a Mario Boselli.
Milano, (informazione.it - comunicati stampa - politica e istituzioni)

Istituto Europa Asia IEA EUROPASIA Europe Asia Institute.
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Fonte: Giornale Informazione Quotidiana.
«Milano città leader della finanza.L' autorità bancaria deve stare qui».
Mario Boselli: Francoforte è sede di tante istituzioni, ora tocca a noi.


IL RISULTATO inaspettato del referendum in Gran Bretagna ha aperto il dibattito sulle nuove opportunità per la città di Milano di acquisire centralità all'interno dell'Unione Europea e, in particolare, di aggiudicarsi i due enti ospitati da Londra: l'Agenzia europea per il farmaco e l'Autorità Bancaria Europea (Eba).

Il governatore Roberto Maroni e il nuovo sindaco Giuseppe Sala hanno già alzato la mano, dicendosi interessati ad aprire le porte di Milano a entrambe le istituzioni continentali.

Abbiamo deciso di approfondire il tema sulle pagine del Giorno interpellando
rappresentanti del mondo produttivo, esperti di finanza e addetti ai
lavori.
Dopo il presidente di Assoedilizia e dell'Istituto Europa Asia, Achille Colombo Clerici, il presidente dell'Associazione Bancaria Italiana, Antonio Patuelli, il presidente della Camera di commercio italo-russa e italo-iraniana, Rosario Alessandrello, oggi è il turno di Mario Boselli, presidente onorario della Camera della Moda di Milano.

di LUCA ZORLONI
MILANO


MARIO BOSELLI,presidente onorario della Camera della Moda di Milano, far
trasferire da Londra a Milano l'Autorità Bancaria Europea (Eba) è una sfida
alla portata del capoluogo lombardo?

«Direi di sì, perché guardiamo cosa c'è in giro. Francoforte ha già molto di più, di istituzioni ne ha fin troppe. Noi abbiamo un po' perso la parte della Borsa, abbiamo perso un po' di sovranità quando è successo quello che è successo con Londra, è ora che la riacquistiamo. Milano non è la capitale,ma dal punto di vista finanziario, o della moda, abbiamo senz'altro una leadership».

Milano è considerata una piazza strategica all'estero?

«Io faccio il raffronto quando vado in giro, e vado lontano, soprattutto
al di fuori della Comunità Europea, in Asia, Uzbekistan, Dubai, Russia. Noi abbiamo un grande apprezzamento nei settori che rappresentano
lo stile di vita italiano,quello che ruota intorno a persona: food che vuol dire anche vino, fashion e furnishing. Moda e design rappresentano Milano. Che insieme ci sia la finanza ci sta tutto».

Queste autorità che indotto generano?

«A parte l'indotto diretto, di personale, arrivano addetti, si svolgono
riunioni, sono agenzie in cui arriva il mondo, sono realtà sovranazionali.
Un po' come è successo con Expo, perché chi veniva a Expo ha dato energia a Milano. Un'autorità a Milano, a differenza dell'Expo che è durato sei mesi, ha vita ben più lunga».

La Brexit può influenzare il segmento moda italiano?

«Cominciamo a dire che noi siamo già globalizzati, ci sono onde lunghe che permettono di ammortizzare contraccolpi. Annoterò che le fashion on week sono quattro: New York, Londra, Parigi e Milano. Questa Brexit non fa bene a Londra, ne tragga le conseguenze. E tra Milano, New York e Parigi, noi siamo quelli che hanno alle spalle il settore manifatturiero più importante e che potrebbe trarne più vantaggio. Aggiungo che noi abbiamo sempre avuto questa capacità di rappresentare il prét-à-porter alto, in questo anche i signori inglesi, se vogliono produrre qualità, devono venire in Italia. Inoltre noi abbiamo fatto una battaglia per il made in obbligatorio, ossia avere una normativa comunitaria che obblighi a marcare i prodotti di provenienza
extra-Ue con il Paese di origine. Quindi nulla in contrario che si produca ma che si sappia dove è prodotto. E in questo quadro uno dei Paesi contrari a questa norma è da sempre stata l'Inghilterra con la Germania. L'ho definita l'Ue della birra. Con questa uscita, il fronte contro questa opzione due si è indebolito ma in modo rilevante, la vedo come una cosa importante».

Una no tax area sul sito dell'Expo potrebbe aiutare Milano ad agganciare i capitali in fuga da Londra?

«Io sono abbastanza convinto che questo Paese, finché non mette a posto una fiscalità proibitiva, una burocrazia farraginosa e una giustizia lentissima, combatte una battaglia contro i mulini a vento. Si crea incentivo che vale dieci quando hai cento di negatività. Bisogna evitare che uno si illuda di risolvere il problema con strumenti del genere, bisogna mettere mano alle
cose più di fondo».

Possiamo ambire anche all'Agenzia del farmaco?

«Credo di sì, abbiamo fior di aziende farmaceutiche con buoni risultati, è uno di quei settori in cui vale la pena investire».


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