Perché ricordare Tina Merlin nell'anniversario della catastrofe del Vajont

9 ottobre 2016: nel 53° anniversario della tragedia del Vajont è utile ricordare come la giornalista Tina Merlin, ex-partigiana, si batté strenuamente per prevenirla; ma non solo non fu ascoltata, fu anche processata per "allarmismo". Il senno di poi non può ridare vita alle vittime del Vajont, ma prevenirne altre future: ma anche oggi si pretende di costruire un ponte assurdo, sullo stretto di Messina, senza tenere conto degli immensi rischi per la sicurezza che questo comporta.
Roma, (informazione.it - comunicati stampa - ambiente) Ricordare, oggi, la battaglia (persa) di Tina Merlin è particolarmente importante mentre si torna a vaneggiare di Ponte sullo stretto di Messina. La Merlin fu la sola a mettere in luce, con caparbietà e ostinazione, la verità sulla costruzione della diga del Vajont, e a dare voce alle denunce degli abitanti della valle sui pericoli che correvano i paesi di Erto e Casso, che furono in effetti spazzati via quando la famigerata diga fu messa in funzione. Inascoltata da tutti, lei fu denunciata e processata per "diffusione di notizie false e tendenziose atte a turbare l'ordine pubblico". Anche dopo il disastro la Merlin fu isolata, mentre i colleghi maschi commentavano il fatto puntando il dito contro la "natura matrigna".
Lei scrisse poi un libro-inchiesta sulla vicenda, ma nessuno glielo pubblicò per altri 20 anni: "Sulla pelle viva. Come si costruisce una catastrofe. Il caso del Vajont" trovò un editore solo nel 1983.
Venendo ai gironi nostri, e al ponte sullo stretto, come scrive Mario Tozzi (ricercatore CNR-Igag) non si comprende il motivo per cui si continui a vagheggiare come un sogno un progetto che ha, invece, tutti i connotati per essere un incubo. Niente da fare: nessuno sa chiarire quanto si tratti di una grande opera inutile, diseducativa, tecnicamente e geologicamente altamente pericolosa.
Un progetto meramente dimostrativo; quando la sola cosa da iniziare a dimostrare sarebbe un vero rispetto per il territorio ormai martoriato. Riguardo ai pericoli: ancora non esiste al mondo un ponte di lunghezza così spropositata; quello di Akashi Kobe raggiunge appena la metà (1.600 metri), e soprattutto non porta una ferrovia. Dunque nessuna prova sorregge l'ipotesi che la struttura potrà resistere a 166.000 tonnellate di carico sotto tensione ed esposto a vibrazioni continue; per giunta in un luogo a grave rischio sismico, la sede stessa del terremoto più devastante che si sia mai presentato in Italia (il terrificante "terremoto di Messina"
[fonte dei dati: http://www.marcodemitri.it/ponte-stretto-messina-mario-tozzi]
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