"Basta con le raccomandazioni e con i 'figli di papà' assunti negli ospedali o all'università. Si torni a valutare il merito".

Tanti, troppi giovani preparati sono costretti ad emigrare all'estero per poter vedere riconosciuti i loro titoli accademici e le loro professionalità.
Roma, (informazione.it - comunicati stampa - politica e istituzioni)

"L'Italia non è un Paese nel quale vige la meritocrazia. E nel corso dei decenni nessuno si è impegnato concretamente per debellare questo fenomeno che costringe molti dei nostri giovani, preparati e professionalmente validi, ad emigrare all'estero per poter vedere riconosciuti i loro titoli accademici e le loro professionalità. Assegnare un ruolo in ospedale o all'interno dell'università al solito 'figlio di papà' o 'nipote dello zio' è quanto di più indecoroso e inammissibile un paese democratico possa riservare per il futuro delle proprie generazioni. Affinchè l’Italia possa avere una spinta propulsiva nella sua economia del lavoro vi è la necessità di sradicare dalla base le cosiddette ‘parentopoli’ rendendole di fatto un reato perseguibile a norma di legge. Un impegno ed un dovere imprescindibile per un Paese proiettato al futuro piuttosto che impantanato nel passato

Lo afferma in una nota Italo Intino, Presidente del Centro Studi organizzativi del Prenestino

"Da un recente studio", spiega Intino, "in settori strategici del nostro Paese si registrano elevate percentuali di omonimia. Al fine di garantire la massima trasparenza nelle selezioni pubbliche auspico che le stesse possano essere effettuate da commissioni superpartes composte anche da membri provenienti da altri stati europei. Inoltre”, conclude Intino, “sarebbe opportuno anche riporre al centro dell’inserimento nel mercato del lavoro gli istituti selezionando negli stessi gli allievi che si contraddistinguono per i loro meriti accademici”.