Per il periodo più spaventoso dell'anno un libro che vi terrà svegli tutta la notte, "Il Richiamo del dirupo" di Mìcol Mei
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Il richiamo del dirupo è il romanzo di Micol Mei pubblicato da Miraggi Edizioni. Protagonista silente e straordinario non è una persona bensì un luogo: il Pallido Rifugio, una decadente villa vittoriana costruita su una scogliera e protesa verso l’immensità dell’oceano – parallela all’estensione dei problemi di ognuno dei singoli personaggi. Un annuncio, pubblicato su un quotidiano locale da parte di Felice Hernandez, misterioso proprietario dell’immobile, spalanca i cancelli della sfarzosa dimora a quattro persone distinte e opposte, ma accomunate dalla necessità e dal desiderio di estraniarsi dal mondo reale, quello di cui hanno abitudine. Ma in cambio della loro permanenza, da Felice Hernandez e dalla sua assistente viene chiesto agli inquilini di compilare un diario del loro soggiorno.
Si può dire, in effetti, che Il richiamo del dirupo sia un libro che parla del tirare le somme. Il tutto succede in uno spazio che, facendosi teatro per quel momento effimero, è quasi un non-luogo, un buco nero abissale che presenta numerose analogie ora coi libri del mistero e il giallo classico, ora alla fantascienza. È come se tutto ciò che abita il romanzo di Mìcol Mei sia soggetto a leggi proprie, diversificate da quelle che regolano il mondo di tutti i giorni: persino il tempo segue traiettorie arbitrarie: ora ha un ritmo serrato e corre verso la fine, poi se la prende comoda, si sofferma in descrizioni fisiche e interiori e rallenta il ritmo. Getta nello scompiglio inquilini e lettori, fino all’inesorabile finale che non potrà che lasciare di stucco il lettore più preparato.
Insieme a un proprietario che quasi nessuno ha visto in faccia direttamente, quattro anime sconosciute e disilluse e una villa in mezzo al nulla – in cui si verificano strani e inspiegabili episodi – sembrano gli ingredienti per un racconto di Halloween. È facile evocare scenari come L’incubo di Hill House, forse perché il lettore sa fin dall’inizio se un luogo è stato abbandonato lo è stato per un ottimo motivo e il motivo è tutto da scoprire. Nonostante i temi affrontati presentino un’intimità che rompe la quinta parete teatrale, in alcuni frangenti è possibile intravedere una leggerezza, cupa, che dà respiro al vortice dentro cui finisce il lettore.
Una scrittura lucida e vibrante quella di Mìcol Mei che ha la forza di richiamare grandi capisaldi della letteratura gotica; uno stile alto, spesso favorito dalle citazioni e dagli estratti dei brani proposti. E se alla fine al lettore potrebbe sembrare di non aver capito fino in fondo la portata e l’intensità del libro che ha terminato, su una cosa c’è certezza ed estrema luce: l’opera d’esordio di Mìcol Mei è un libro che tutti e tutte dovrebbero leggere – fosse anche per ricostruire un’atmosfera adatta a questi giorni che precedono la festa più spaventosa dell’anno.