Sabato 23 marzo, alle ore 18:00, si svolgerà a Vallo della Lucania, con il Patrocinio del Comune e del Centro Studi Ebner, un Convegno/Dibattito in occasione della presentazione del libro di Luigi Leuzzi: “Megalitismo nel Cilento e nella Lucania Occidenta

I saluti saranno affidati al dott. Antonio Sansone (Sindaco di Vallo della Lucania), all’avv. Iolanda Molinaro (Assessore alla Cultura e all’Istruzione), alla dott.ssa Virginia Casaburi (Consigliere con Delega agli Eventi, Turismo, Spettacolo). Gli interventi saranno dell’avv. Giuseppe Di Vietri (Presidente Centro Studi Ebner), del prof. Antonio Di Rienzo (Studioso di cultura e tradizioni cilentane), del prof. Angelo Perriello (Pedagogista di linguistica teorica e applicata), del prof. Enzo Di G
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Dì Pasquale Martucci.

I saluti saranno affidati al dott. Antonio Sansone (Sindaco di Vallo della Lucania), all’avv. Iolanda Molinaro (Assessore alla Cultura e all’Istruzione), alla dott.ssa Virginia Casaburi (Consigliere con Delega agli Eventi, Turismo, Spettacolo). Gli interventi saranno dell’avv. Giuseppe Di Vietri (Presidente Centro Studi Ebner), del prof. Antonio Di Rienzo (Studioso di cultura e tradizioni cilentane), del prof. Angelo Perriello (Pedagogista di linguistica teorica e applicata), del prof. Enzo Di Gironimo (ex Direttore Museo etno-preistorico – Castel dell’Ovo Napoli).  Concluderà l’autore, il dott. Luigi Leuzzi (Psichiatra, antropologo, studioso di mito-archeologia). Il moderatore sarà il prof. Gerardo Russo (Docente e giornalista).

Luigi Leuzzi in questo volume si sofferma sul megalitismo, riprendendo i suoi ventennali studi sul tema e comparando “menhir” (pietre conficcate sul terreno in modo verticale) e “dolmen” (lastre poste in orizzontale) presenti nel territorio italiano con quelli del Cilento.

I megaliti sono la manifestazione dell’architettura preistorica caratterizzata da monumenti eretti con blocchi di pietra di grandi dimensioni, grossolanamente tagliati.

Nel Neolitico i Britanni trasportarono i massicci elementi da luoghi remoti dell’isola per realizzare uno dei più famosi siti archeologici del mondo. Stonehenge, sito risalente a circa 4.600 anni fa, potrebbe essere in parte composto da elementi provenienti da monumenti megalitici più antichi, costruiti a centinaia di chilometri di distanza.

Questo cerchio megalitico, risalente a 4.600 anni fa che si trova nella pianura di Salisbury, a sud dell’Inghilterra, è stato costruito da uomini che non hanno lasciato chiare indicazioni sul suo scopo né indizi evidenti sulla loro identità: si tratta di misteri che hanno a lungo stimolato l’interesse di archeologi, scrittori di fantascienza e semplici turisti.

Un team di ricercatori ha scoperto un possibile precursore di Stonehenge nei resti di un monumento ancora più antico che si trova in Galles. Il cerchio megalitico presso il sito di Waun Mawn (Uanmaun pronuncia) è di dimensioni paragonabili a quelle di Stonehenge, anch’esso allineato con il sole e sembra presentare in parte gli stessi materiali di costruzione.

Le scoperte degli ultimi decenni hanno condotto gli archeologi a retrodatare la nascita di questo fenomeno di parecchie migliaia di anni. Il sito più antico conosciuto è Gobekli Tepe (Gobeclitepe’) in Turchia, risalente a 11.500 anni fa, ma ci sono strutture più vecchie di qualche migliaio di anni ancora da disseppellire. Datazioni analoghe emergono dal vicino sito di Nevali Cori sempre nell’area turca.

L’assemblaggio di questi blocchi in pietra da parte dell’uomo, sostiene Luigi Leuzzi, ripropone simbolicamente rappresentazioni falliche o mammellari e uterine, una cultura che si rifà ad espressioni religiose con i suoi riti di fecondità, fertilità, passaggio.

Questi megaliti sono stati analizzati e studiati, producendo interessanti teorizzazioni ed ipotesi interpretative che riconducono soprattutto all’elemento femmineo cilentano, costituito dalla Grande Madre, ovvero i simboli e i significati che costituiscono un’identità territoriale e il suo Genius loci.

L’autore attraverso riscontri sul campo ha individuato un nume femminile che propone un sistema matriarcale, proponendo la presenza della dea Cilens, che governava il passaggio giorno-notte e viceversa, di cui si è occupato l’archeologo Fabio Astone. Si tratta della riproposizione della divinità etrusca, che potrebbe riguardare anche un’ipotesi etimologica sull’origine del termine Cilento, andando oltre anni di digressioni che hanno poco considerato la presenza della popolazione etrusca autoctona che si era diffusa in Campania, una cultura appenninica forse proto-villanoviana.

Ma tanti sono i simboli megalitici individuati da Leuzzi: “u mantu ra Maronna” (Monte Sacro), “a ciampa re cavallo” (Monte Sacro), “Solco della fecondità” / “Antro della Civitella” (Civitella), “a preta ru mulacchiu” (Monte Stella), “a preta re l’ommu” e la dea Civetta (Cervati), l’Antece a Costa Palomba. Ci sono altri riferimenti femminili “mammellonature”, oppure “porta utero”. Infine, il complesso megalitico di San Mauro La Bruca: la Mannina di San Nazario al Nilo e sculture dedicate ad Hera Argiva o alle Madonne del territorio a partire dalle sette sorelle come luoghi di pellegrinaggio.

Il volume si avvale di una ricca documentazione fotografica che pone in rilievo le tante risorse archeologiche già evidenziate, che sono confrontate con altri megaliti da Malta, alla Sardegna, alla Sicilia, cui dedica particolare attenzione.

Nella parte finale del libro, Leuzzi propone un intenso scambio di riflessioni con il prof. Vincenzo Di Gironimo, sulla rilevanza di questi esempi di un passato che ancora vive e rappresenta l’anima dei luoghi. Lo studioso sostiene che importanti monumenti megalitici esistevano duemila anni prima delle Piramidi d’Egitto (che risalgono a 2.500 anni a.C.), e dunque la cultura dei megaliti si diffuse in maniera compiuta dal V millennio a.C. e perdurò fino all’età del ferro.

I siti megalitici del Cilento sono riscontrabili nelle aree di: Monte della Stella, Monte Sacro, Moio della Civitella, Costa Palomba, e tanti altri esempi territoriali che andrebbero fatti oggetti di più approfonditi studi e ricerche. Infatti, il senso del lavoro che ogni studioso compie è di proporre ipotesi, sperando che le stesse possano essere affinate da altri che opereranno in futuro sulla scorta delle evidenze che attualmente paiono ad ognuno determinanti. Tutto ciò serve per giungere ad una conoscenza sempre meglio formulata.

 

 

 

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