I Laboratori MECSPE fanno tappa per la prima volta ad Ancona, per raccontare al fianco delle imprese la via italiana alla fabbrica intelligente

Il roadshow itinerante di Senaf passa dalle Marche, in previsione di MECSPE Bari (Nuova Fiera del Levante, dal 28 al 30 novembre), la nuova manifestazione di riferimento del manifatturiero per il Centro Italia. Partendo dai dati dell’ultimo Osservatorio MECSPE, imprenditori e opinion leader hanno raccontato la propria esperienza in ambito 4.0.
Ancona, (informazione.it - comunicati stampa - industria) – L’industria manifatturiera è vitale per l’economia delle Marche. A confermare il grande contributo che il manifatturiero dà alla regione e, più in generale, al Paese, sono gli ultimi dati Movimprese[1], secondo cui, sul territorio, sono 18.785 le imprese dell’industria manifatturiera attive nel primo trimestre 2019, il 3,9% del totale nazionale. Nelle singole province si registrano, nello stesso periodo, 4.459 aziende a Pesaro e Urbino (23,8%), 4.335 ad Ancona (23,1%), 4.193 a Macerata (22,3%), 3.646 a Fermo (19,4%) e 2.152 aziende ad Ascoli Piceno (11,5%).


Uno scenario che per evolversi deve però stare al passo con il processo di trasformazione digitale che sta attraversando l’Italia intera e che Senaf, in occasione del secondo appuntamento del nuovo roadshow 2019/2020 dei “Laboratori MECSPE, la via italiana alla fabbrica intelligente”, per la prima volta nelle Marche, ad Ancona, ha portato all’attenzione con un dibattito che si è svolto oggi presso l’Università Politecnica, alla presenza del Rettore Sauro Longhi. Partendo dai dati dell’ultimo Osservatorio MECSPE, che analizzano lo stato di salute delle PMI italiane del manifatturiero in materia di Industria 4.0 e nuove tecnologie, la giornata ha visto un confronto tra imprenditori di case history marchigiane di successo, come SCHNELL SpA, MEP SpA, MONDO IDEA, Hyperlean Srl, Parsec Hub e Redorange Srl, e un interessante talk sul futuro del manufacturing made in Italy. Tra gli ospiti intervenuti anche Flavio Tonetto, Presidente di Confindustria Piccola Industria Marche Nord, Territoriale di Pesaro-Urbino e Paolo Dario, Direttore dell’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna e Coordinatore scientifico del Competence Center ARTES 4.0.
“Le Marche, con quasi 19mila imprese manifatturiere, sono un territorio vitale che ha iniziato, come altre regioni d’Italia, a scommettere sul modello industriale 4.0, per stare al passo con un mercato sempre più dinamico ed esigente – ha commentato Maruska Sabato, Project Manager di MECSPE – Allo stesso modo MECSPE Bari, che partirà il prossimo autunno, rappresenta per noi una scommessa su cui puntare, nata con l’obiettivo di diventare un evento di riferimento proprio per il manifatturiero del Centro Italia, in grado di offrire supporto alle imprese nella sfida alla competitività, fatta di tecnologie, ma anche di investimenti nelle persone per le competenze digitali. Abbiamo ritenuto doveroso, in questo nuovo roadshow dei Laboratori MECSPE, fare tappa ad Ancona, dove gli imprenditori sono ormai consapevoli dell’importanza di intraprendere un percorso verso l’innovazione e la trasformazione digitale, e possono dare una valida testimonianza attraverso casi concreti di successo.”



Secondo l’Osservatorio MECSPE divulgato da Senaf, che da quest’anno raddoppierà l’appuntamento con la fiera del manifatturiero 4.0 approdando in Puglia con MECSPE Bari (Nuova Fiera del Levante, dal 28 al 30 novembre), emerge che 8 aziende su 10 credono nella propria trasformazione digitale avvenuta in questi anni e quasi la totalità (oltre 9 su 10), ritiene di avere un livello di conoscenza medio-alto rispetto alle opportunità tecnologiche e digitali sul mercato. Le imprese stanno puntando sulle nuove tecnologie abilitanti, continuando nella direzione che vede perlopiù già introdotte la sicurezza informatica (74%), la connettività (60%), il cloud computing (33%) e la robotica collaborativa (28%), e su ricerca e innovazione: il 61% investirà fino al 10% del proprio fatturato e il 25% dedicherà tra il 10% e il 20% di questo, mentre si considerano in generale come strumenti utili al processo di sviluppo, la consulenza mirata (51%), il trasferimento di conoscenza (42%), il confronto con aziende competitor (39%), ma anche i workshop (21%) e la tutorship di un’università (15%).
E proprio l’Università, così come gli Istituti tecnici e le scuole professionali, rimangono dei riferimenti importanti per quanto riguarda la ricerca di nuove professionalità che facciano fronte alle sfide dell’Industria 4.0, preferiti rispettivamente dal 35%, dal 34% e dal 28% degli imprenditori, secondo cui la tecnologia ha sì un ruolo di primo piano, ma solo se supportata da un’adeguata formazione umana e da un cambiamento culturale (46%). Le persone giocano sempre un ruolo fondamentale, sono al centro dei processi ed è la percezione umana il vero driver del cambiamento (39%): è questo il sentiment dominante, che però lascia spazio all’incognita su come avvicinare i giovani a questo mondo, alla luce del fatto che il 48% pensa che l’impatto della digitalizzazione nella vita quotidiana imporrà necessariamente la nascita di nuove figure professionali, con forti competenze in ambito IT.
Gli investimenti in formazione rappresentano per gli imprenditori la migliore strategia per valorizzare il capitale umano in azienda (49%), ma questi sono consapevoli di lottare ancora contro certi stereotipi presenti soprattutto nei giovani, che vedono il lavoro in fabbrica faticoso e manuale (64%), ripetitivo, poco creativo e che lascia poco spazio alla realizzazione personale (48%), poco riconosciuto socialmente (41%) e persino un luogo tecnologicamente arretrato (29%), rendendo di fatto difficile il reperimento di profili specializzati da parte delle aziende.

BEYOND THE LIMITS: L'IMPATTO DEI DEEP TREND™ SUL MERCATO DELLE AZIENDE MANIFATTURIERE
Come i giovani considerano la fabbrica oggi e qual è il ruolo della sostenibilità nelle strategie aziendali? Blueeggs, società specializzata nei Deep Trend™ di consumo emergenti e nelle strategie di branding, ha tracciato un’analisi sui Deep Trend™ principali del manifatturiero italiano, portando all’attenzione degli spaccati molto interessanti. Ad esempio, tra gli elementi che potrebbero rendere poco attraente per i giovani il lavoro in un’azienda manifatturiera, rappresentando spesso motivo di disinteresse e di conseguenza rendendo difficile il reperimento di profili specializzati, al primo posto c’è l’ idea che nelle aziende manifatturiere si richieda lavoro faticoso e manuale (64%), seguita da una visione di lavoro ripetitivo, poco creativo, con poco spazio da destinare alla realizzazione personale (48%) e quella secondo cui il lavoro in fabbrica sia poco riconosciuto socialmente (41%). Il 29% degli imprenditori intervistati, inoltre, pensa che ad influire possa essere anche l’immaginario dell’azienda manifatturiera come luogo “tecnologicamente arretrato”, e riconduce ai fattori poco appealing l’idea che gli spazi e i tempi di lavoro siano a “orari fissi e vincolanti”, lontani quindi dall’attuale stile di vita più orientato alla flessibilità e allo smart working. Eppure, se si immagina quale potrà essere il modo di lavorare in futuro, in vista soprattutto dell’introduzione di tecnologie come l’AI, VR e AR, gli imprenditori italiani si esprimono così: il 43% ipotizza la nascita di team di lavoro misti, composti da uomini e tecnologie intelligenti; il 13% prospetta ambienti di lavoro virtuali in cui testare prodotti, scambiare informazioni, dialogare con il committente o cliente finale; mentre il 4% azzarda che il lavoro diventerà quasi un “gioco”, dove il personale avrà un’esperienza più coinvolgente e gratificante, con interfacce molto simili a quelle dei giochi virtuali. Più cauto il 26%, secondo cui cambieranno gli strumenti, ma la vita lavorativa rimarrà la stessa.
La sostenibilità oggi ha assunto un ruolo strategico nelle scelte aziendali: il 34% dichiara di avere incrementato il proprio impegno in questa direzione negli ultimi anni, il 32% è consapevole dell’importanza e ha intenzione di curare questo aspetto in futuro. Il 15% lo ritiene un fattore strategico competitivo per distinguersi sul mercato, soprattutto nel rapporto con l’estero, e si impegna anche a comunicarlo, ma è considerevole ancora la percentuale di chi crede sia un fattore marginale e si limiti solo a fare quanto richiesto dalle norme di legge (19%).

Nota metodologica:
L’indagine è stata condotta da GRS Ricerca e Strategia su un campione di 312 aziende italiane del settore della meccanica utilizzando il metodo CAWI (Computer Assisted Web Interviewing). L’indagine si è svolta nel mese di gennaio 2019.