UN’ ESSENZA DI CHROMA E DI SEGNI – Personale di Rita Denaro dal 15 al 17 febbraio 2019 a Spazio40 Galleria di Roma

Rita Denaro fissa su carta o su tela le sue impressioni, le emozioni, magari qualche caricatura; senza autocompiacimenti emotivi, ma anche senza guardare il mondo dall’oblò da cui tanti artisti osservano il mondo circostante, a distanza di sicurezza. In ogni caso, è sempre e solo il punto di vista di Rita.
Roma, (informazione.it - comunicati stampa - arte e cultura) Dal 15 al 17 febbraio 2019 Rita Denaro espone i suoi lavori (acrilici, acquerelli, disegni) nella mostra personale “UN’ ESSENZA DI CHROMA E DI SEGNI” a Spazio 40 Galleria d’arte di Roma (Trastevere).
Rita Denaro è una donna del Sud. La sua terra è quella dei colori senza sfumature, dei bianchi e dei neri. È cresciuta in Toscana, si è trasferita per studio nel Lazio e poi in Umbria. La sua formazione e il suo excursus professionale sono un mosaico di esperienze: ha frequentato l’Accademia di Belle Arti; ha un Diploma di Laurea in Urbanistica e Sistemi Informativi Territoriali, conseguito presso la Facoltà di Architettura “Ludovico Quaroni” di Roma; è stata insegnante di Disegno e Storia dell’Arte presso una scuola media; e ancora, decorazioni murali, scenografie teatrali e allestimenti dei musei locali del Lazio all’interno del progetto MOVIO (Mostre Virtuali On line), in collaborazione con l’Istituto Centrale per il Catalogo Unico.
Alla scuola di Brunori ha imparato a gestire la sua mano e ad affinare lo sguardo. La pittura però è stato un amore incostante, mentre il disegno è stato ed è il suo compagno di vita. Colore e segno hanno viaggiato su binari paralleli fino a quasi incontrarsi nell’acquerello e a sfiorarsi negli acrilici.
Dal 2015 ha ricominciato a dipingere e dal 2016 ha iniziato a partecipare a mostre collettive a Roma e nel territorio laziale e non solo, fino all’ultima a Venezia. Vive e lavora a Roma.
Testo di presentazione a cura di Gian Paolo Castelli.
Lo sguardo di Rita
Disegni
Disegnare ovunque, chiunque, da qualunque prospettiva: il treno, l’ufficio, il mercato, la spiaggia; colleghi, passanti, temporanei compagni di viaggio; visi, corpi sdraiati, chinati, trasmutati. Quasi fosse un imperativo morale categorico connaturato cui Rita sembra non poter sfuggire. Non tanto per forgiare ritratti, quanto per fissare su carta impressioni, emozioni, magari caricature; senza autocompiacimenti emotivi ma anche senza guardare il mondo dall’oblò da cui tanti artisti osservano il mondo circostante a distanza di sicurezza.
Pochi tratti essenziali, per lo più. Prospettive e punti di vista per lo più eccentrici: una nuca può dire assai più di un volto; un profilo inclinato – sino a trasfigurare il soggetto – più di uno sguardo frontale; un groviglio di gambe distese, di dorsi ritorti, più di un busto-ritratto.
I piedi, le gambe, la schiena, la nuca. Pochi tratti essenziali per rendere non l’essenza di chi si sta osservando, ma l’idea-sentimento che se ne è colta. Talora dettagli, che ai più passerebbero inosservati, e che invece hanno catturato la fantasia sino a raccontare la storia di una vita, o anche solo una storia di vita, come le ginocchiere di un venditore ambulante. Frammenti di corpi, arti invisibili, un collo che svanisce nel busto per lasciar dominare gli occhiali.
Acquerelli
Tratti, dettagli e prospettive eccentriche si ritrovano in alcuni acquerelli (come ad esempio nelle due varianti de I resti), così come l’interesse per il corpo in posture scomposte o per frammenti di arti è pure presente (Nudo, Ballerina, Manichini I). Il colore si accompagna o si sostituisce qui al tratto essenziale del disegno, liquefacendosi, stingendosi, perdendosi, ma al tempo stesso sostanziandosi di chroma, colore-essenza che dà forma e sostanza al reale. Tanto che non sapremmo dire se in Nudo il corpo addormentato sia più importante del lenzuolo, del muro, della sabbia e del mare in cui si trova; se le campiture che fanno da sfondo a Lamberto siano meno rilevanti delle varie sfumature dal rosa al violaceo che danno forma al suo volto.
Nel viola del viso di Zeina la rugosità della matita che si oppone alla pastosità dell’acquerello le conferisce un che di soprannaturale o, se vogliamo, di iperrealistico. Sostanza (o essenza) cromatica, ancora una volta, ma non meno del giallo del suo vestito o del rosso-nero del suo cappello. La commistione di tecnica è per altro verso una caratteristica che troviamo spesso nel punto di vista di Rita: se in Andrea fa emergere la carnosità terrena della sua pelle rispetto al mondo di nappi, cordoni, sfere e collane da cui è avvolto, in Manichini mette viceversa in risalto la nudità metafisica di quei frammenti di corpi. In Lucia la matita in alcuni casi sembra ridursi a espediente tecnico (nei contorni del copricapo o nel collo dell’abito), ma la sua valenza essenziale, materica, è peraltro evidente nel ciuffo di capelli che si affaccia sulla fronte e soprattutto nei magnetici occhi verdi.
Acrilici
Negli acrilici, in cui Rita si confronta anche con il grande formato, torna la commistione con le matite (talora acquarellate) e si aggiungono talora i pastelli ad olio, ma la sostanza cromatica si fa ora più compatta. Così nelle superfici vermiglie dei Manichini o nel giallo sfondo in cui nuotano in modo enigmatico Le scarpe abbandonate e due sbarre metalliche. Lo stesso soggetto è reso in maniera cromaticamente più inquietante, e con un titolo più esplicito, in Fine dell’attesa: dal profilo del pianerottolo e dalla sagoma nera delle scale si apre uno squarcio su una tragica caduta, evidente epilogo di Donne in attesa (le scarpe blu e la rossa sono le stesse). In questa trasposizione su tela, per così dire, della pellicola di Giuseppe De Santis Roma ore 11, le quattro paia di gambe accostate ribadiscono l’interesse di Rita per porzioni del corpo umano che, con il loro atteggiamento, sono di per sé evocative e raccontano già una storia. E ancora una volta il colore restituisce una differenza sostanziale alle vite di queste quattro donne.
Il valore essenziale, più che simbolico, del colore è di nuovo evidente in Ultima ballerina o nell’incendio de La pineta, o anche nel davanzale dove è colta Lei, la lucertola. Ma lo sguardo di Rita in queste opere di maggiore formato non è univoco, segno di un punto di vista in esplorazione di nuove angolature e di un percorso in divenire.
Un caso a parte è rappresentato dal Trittico che, al di là della commistione di tecniche, ci offre un’opera inattesa e decisamente interessante. In una quinta architettonica inquadrata da due pilastri modanati, nel riquadro centrale campeggia in primo piano una coppia colta nel frangente di un bacio, forse nel corso di un ballo. L’immagine ribaltata della stessa coppia compare in secondo piano nei riquadri laterali, insieme alla sagoma di una palma e di un albero più esile. Un arcobaleno sullo sfondo costituisce non solo l’elemento d’unione del trittico ma anche l’unica sorgente cromatica dell’insieme, il cui bianconero generale conferisce alle coppie laterali l’apparenza di statue e al cielo un’atemporalità irreale. Ma l’iride, scomponendosi, tange nelle sue tonalità giallo-arancioni la coppia e il pilastro di sinistra, e nelle sue tonalità azzurro-violacee la coppia e il pilastro di destra. L’iride si ricompone nella sagoma, quasi ritagliata, della coppia centrale, conferendole così – anche in questo caso – un’essenza fatta di chroma. Ancora una volta, il punto di vista di Rita.
Gian Paolo Castelli
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