Presentato con successo il libro di Don Franco Galeone

Nel volume “Dio è la nostra Felicità, l’autore ha tratteggiato la storia della Religione
Napoli, (informazione.it - comunicati stampa - editoria e media)

Il Magnifico Don Franco Galeone, Salesiano, pro-tempore presso l’istituto “Sacro Cuore” di Napoli – Vomero, nel suo libro “Dio è la nostra Felicità, fresco di stampa, ha tratteggiato la storia della Religione.

(dai tempi in cui l’uomo, per scrollarsi di dosso sia sensi di colpa sia per onorare Dio, sacrificava, ammazzandoli, attraverso riti particolarmente cruenti, animali solo di determinate specie, offerti come espiazione, ai tempi vissuti con il proposito di cambiare cuore, un cuore nuovo, senza sacrifici, e la piena consapevolezza che la verità più congeniale del vangelo è ciò che rende più felici gli uomini e ciò che più ci avvicina a Dio, e Gesù, sempre sensibile ai bisogni degli altri – faceva il bene passando - è stato e rimane accogliente, amico dei peccatori, pronto a perdonare, mai a condannare) di Paolo Pozzuoli

Questo è il mio testamento spirituale”: è la frase pronunciata con voce un po’ sofferta e in un certo senso appagata più per testare la reazione di chi gli stava vicino ad ascoltare che per convinzione personale dal magnifico don Franco Galeone nel consegnarci – squisito pensiero, generoso e inestimabile dono - una copia  del suo libro “Dio è la nostra Felicità”, appena licenziato dalle stampe (“Universal Book – s.r.l. – Rende (CS), Copyright “L’Aperia - Società Editrice - s.r.l. - Caserta”), corredato di un’attenta, approfondita e interessantissima prefazione del ch.mo Vescovo Emerito di Caserta,  Mons. Raffaele Nogaro, frase che ci ha sconvolti emotivamente avendo sentito il sangue vibrare nelle vene e colto una palpitazione e un fremito diversi, mai avvertiti in precedenza. Tale stato si è accentuato all’arrivo, improvviso e non previsto dell’avv. Alfonso Cangiano, geniale Notaio della Repubblica, in compagnia della dolce Stefania, avendo ritenuto la sua presenza strettamente legata all’attività professionale, procedere cioè a rogare il relativo atto (notarile) sottoscrivendolo e apponendo l'impronta del sigillo una volta chiusi e imballati penna e pc., pronti ad essere definitivamente archiviati. Fortunatamente, niente di tutto questo. Nessun atto, nessuna impronta testamentaria comune, tradizionale. Infatti, l’arrivo del Notaio Alfonso Cangiano, sempre ultra sensibile e pregevole, era semplicemente da riferirsi alla presenza di don Franco, di cui era stato informato. Ma, cosa avrà inteso dire il buon don Franco pronunciando “questo è il mio testamento spirituale”? Cosa potrebbe celarsi dentro questa sua frase? La prima risposta, immediata, che osiamo azzardare è: ‘speriamo non sia uno scherzo da … prete’! A seguire, la domanda: ‘possibile che il carissimo don Franco abbia all’improvviso deciso di appendere la penna al classico chiodo o dismettere il pc.?’. Allora, perché? Questa sua frase avrà certamente delle solide fondamenta, ma il difficile è scavare, scandagliare e trovare il filo che ci faccia riflettere e quindi possa illuminarci e guidarci sulla strada da imboccare e poi percorrere per andare incontro a Nostro Signore, nostra unica Felicità. Don Franco si è calato in tutti i gangli religiosi scandagliandoli con uno studio analitico, sottile e felice che gli ha consentito di svelarci cose incredibili, impensabili, indescrivibili, inenarrabili, a volte anche irriverenti – quante discrasie dai primordi della chiesa! - al fine di rivelare e porgerci sul palmo di mano la grandezza e la misericordia di Dio. “Dio è la nostra Felicità” è uno dei libri più belli scritti da don Franco. In esso, ogni parola, ogni frase, ogni versetto sembrano avulsi, disgiunti da tutti gli altri e, per giunta, senza un filo conduttore, avviati su binari paralleli, destinati a non incontrarsi mai, per cui è anche difficile trovare una spiegazione logica. Ma, non è affatto così! Il tutto, infatti, a ben riflettere, è finalizzato ad abbracciare e fondersi in uno con il Sommo Bene, la Felicità eterna cui dobbiamo tendere mettendo in atto tutte quelle opere che ci danno gioie non effimere, che generalmente si colgono nell’attimo fuggente per poi svanire nell’immediatezza, nel medesimo istante. L’incipit è iniziare dalle piccole gioiose partecipazioni – come dire i seminatori felici i quali, nonostante abbiano raccolto poco su terreni fertili, sanno di poter, in un futuro prossimo, raccogliere sempre di più laddove pronti a confidare nella fede e a compier gesti spontanei (fatica laboriosa) cui sono avvezzi -. Dalla felicità terrena, terminale dell’impegno profuso in ogni azione, alla gioia di raccogliere i consequenziali frutti il passo è breve. Aspirare, tendere alla felicità non significa stare inoperosi, oziare – come si diceva una volta – all’ombra di un fico con la bocca aperta aspettando che cada dall’albero un frutto maturo e/o aspettare che ci arrivi dal cielo un paniere pieno di cibarie, è ‘semplicemente’ il fine di un continuo muoversi, operare, divenire. La felicità per un cadeau appena ricevuto, per una carezza o un bacio sulla guancia, per una frase che ci commuove è solo un momento e, con l’andare del tempo, ritorna nello scrigno dei ricordi per poi venirne fuori quando ci assale un senso di tristezza, afflizione, sconforto, sofferenza, preoccupazione. Insomma, tutto legato al presente, effimero per eccellenza, che fa da spartiacque fra un passato che ci fa vivere di ricordi e un futuro tutto da costruire. Ma è proprio sugli impegni futuri che va poggiata ogni nostra azione viva e produttiva. Ecco, allora, il libro di don Franco Galeone “Dio è la nostra Felicità”: si legge e si rilegge, a volte è tosto e sconvolgente, altre ci dà speranza e ci infonde coraggio; parte dall’antico evidenziando crudeltà, violenze, sacrifici, spargimenti di sangue al fine di ottenere grazia e perdono e, una volta messe da parte tutte queste obbrobriose atrocità – eh! ce ne sono voluti di secoli – finalmente la luce, la verità “Dio è in quel pezzo di pane che si dona (… il dono è sempre un privilegio, un regalo è quindi gratuito ma che va ricambiato con la fedeltà) ed entra in comunione con noi e in quel calice cui beviamo in cerimonie particolari”. Sotto certi aspetti è la storia della chiesa rappresentata in tante sfaccettature. Sì, il libro di don Franco è come un dipinto prezioso. Le sue sono pennellate d’autore che illustrano e illuminano il lettore mentre guarda, sfoglia, legge e riflette intimamente, senza relazionarsi, al fine di evitare confronti e scongiurare non improbabili ‘liti di pensiero’.  Ma, attenzione, sono riflessioni ardite, totalmente distinte e diverse dallo spirito evangelico, che potrebbero portarci anche fuori le righe, farci sbandare. E qui, don Franco, con la sua pennellata finale, sintetizzando l’opera con il titolo “Una conclusione … per non finire!”, viene a soccorrerci, sostenerci, consolarci. Ed è, in un certo senso, quanto speravamo sicchè don Franco, ancora lontano dal suo testamento spirituale, possa darci con un nuovo libro l’interpretazione autentica del suo meraviglioso “Dio è la nostra Felicità”. Ed ora, con vera gioia, ci piace riportare anche il pensiero del dottor Salvatore Verdone, fan di don Franco Galeone, della prima ora: “Ho letto con moltissimo interesse e con immenso piacere” - afferma Salvatore Verdone, insigne studioso e cultore di scienze economico-finanziarie nonché di arti a largo raggio ivi comprese letteratura, poesia, religioni, ecc. - “l’ultimo capolavoro di don Franco Galeone ‘Dio è la nostra Felicità’, avuto dall’ispettore Paolo Pozzuoli, al quale vanno i sentimenti di profonda gratitudine per la particolare opportunità concessami. Attraverso altre grandiose opere ho già avuto modo di apprezzare la profondità del pensiero religioso di don Franco Galeone, noto ebraista, giornalista pubblicista, ed anche grande comunicatore come rilevato dalle sue bellissime omelie raccolte in specifici testi, nonché dalle sue conferenze, sempre su tematiche diverse, che catturano così bene l’attenzione dei presenti per cui diventa impossibile potersi distrarre. Le sue sono sempre delle vere e proprie ‘Lezioni di vita’ che affascinano sia per l’alto stile letterario sia per i contenuti spesso innovativi, a volte sconvolgenti per la straordinarietà del pensiero. Ed è quanto avvertito in questo suo ultimo libro nel quale, oltre alla sua infinita preparazione, si trasfonde la grande passione nel donare agli altri, senza reticenza o ritrosia, un servizio meraviglioso costituito da una continua riflessione sulle complesse tematiche trattate. Il tutto in perfetta armonia con quanto proclamato da Gesù e conservato negli atti degli Apostoli ‘c’è più gioia, felicità nel dare che nel ricevere’ (20,25)”. E Salvatore Verdone continua: “senz’altro esemplare la magistrale prefazione del Vescovo Emerito Mons. Raffaele Nogaro che, dando assicurazione che dalla lettura del testo ‘nessuno rimarrà deluso’, rafforza il presupposto che la stessa lettura suscita una forte bramosia di ulteriori approfondimenti”. Indi aggiunge: “messo da parte il massimario dottrinale dell’infanzia ‘Dio è l’Essere perfettissimo, creatore assoluto del cielo e della terra, nonché la visione giustizialista insita nell’Antico Testamento, la stupenda introduzione dell’autore sintetizza i quattro capitoli, in angolature diverse, ‘Dio, Gesù, chiesa, etica’, sviluppati in un’unica tematica: 1) Dio è padre con il cuore di madre; 2) Gesù è il rivelatore dell’amore del Padre; 3) la vera chiesa è là dove c’è più amore; 4) l’etica, dal dovere alle beatitudini, dall’obbedienza alla sequela’” e conclude sostenendo che “l’ultimo paragrafo del testo (cap.4, par.6), raccogliendo con eloquenza alcune affermazioni in riferimento alla definizione del peccato ‘ciò che offende Dio’, è tra gli spunti di riflessione più significativi. Ma alla domanda ‘cosa offende Dio’ non c’è che una sola risposta: ‘tutto ciò che causa sofferenza alle persone’. Importante è sottolineare anche la nuova visione dei dieci comandamenti trasfusi nella parabola del Buon Samaritano. Sono angolature essenziali per una rimeditata visione della fede cristiana che scuote e rinnova tutti gli animi sensibili e gentili”.

Paolo Pozzuoli

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