URBINO, Galleria Nazionale delle Marche: ultimo weekend per visitare lo Studiolo

Domenica 3 Novembre 2024 chiude uno degli ambienti più attraenti di Palazzo Ducale, poiché sarà oggetto di lavori di rifunzionalizzazione degli impianti. Riapertura prevista a primavera
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Bologna, (informazione.it - comunicati stampa - arte e cultura)



 

Dalla conclusione della grande mostra dedicata a Federico Barocci (lo scorso 6 ottobre) alla riapertura dell’Appartamento degli Ospiti (il 30 Ottobre 2024), alla chiusura dello Studiolo, nell’Appartamento del Duca, prevista per domenica 3 Novembre. Tutto questo in meno di un mese a URBINO, Galleria Nazionale delle Marche, dove i lavori procedono senza sosta e con la massima organizzazione per non privare il pubblico del piacere della visita a uno degli edifici simbolo del rinascimento italiano.

Nel pieno rispetto del cronoprogramma già individuato, il prossimo 4 novembre, al termine del "ponte di Ognissanti", chiuderà il famoso Studiolo al Piano Nobile di Palazzo Ducale, la cui riapertura è prevista a primavera inoltrata del 2025.

L’ambiente, tra i più attraenti dell’intero edificio, «sarà interessato da interventi di rifunzionalizzazione degli impianti che rispecchiano la nostra volontà – ha detto il Direttore della Galleria Nazionale delle Marche, Luigi Gallo - di offrire un Palazzo Ducale sempre più accessibile, in grado di rispondere alle moderne esigenze della museografia e di emozionare il visitatore che arriva a Urbino».

Nota storica

Come si legge sulla pubblicazione cartacea dedicata allo Studiolo e redatta da Giovanni Russo, disponibile in Galleria, "lo studiolo del Palazzo Ducale è collocato nel cuore dell’appartamento di Federico da Montefeltro, incorniciato dalla facciata monumentale che sovrasta la grande piazza del Mercatale a valle, all’esterno delle mura cittadine. Fa parte di un insieme di camere tra le più private della residenza assieme alle cappelle del Perdono e delle Muse e di Apollo al pianterreno, e al bagno nel primo seminterrato. Sono quelle in cui la propaganda politica della figura pubblica del signore di Urbino è più martellante. Si inserisce infatti in una sequenza di ambienti altre volte replicata – si pensi al cosiddetto appartamento “della Jole” – e ne costituisce il fulcro: una sala grande (la sala “degli Angeli”), un’anticamera (la sala “delle Udienze”), una camera da letto, una guardaroba. Quest’ultima è uno snodo essenziale lungo la scala a chiocciola del torricino settentrionale che porta all’area sacra al piano inferiore e più giù al bagno e alle possibili vie di fuga attraverso i locali di servizio.

Il camerino, che poteva accogliere un numero minimo di ospiti eccellenti, è dotato di due ingressi: dal lato pubblico dell’anticamera e da quello privato della guardaroba. Dal suo interno si poteva accedere indisturbati al secondo livello della loggia monumentale tra le possenti torri che impressionavano il viaggiatore che allora come oggi aveva raggiunto la città da occidente. Da lassù Federico affermava idealmente con uno sguardo il possesso dei suoi dominî, dalle terre d’origine del vecchio Montefeltro fino a Gubbio, e si metteva a guardia dell’integrità dei confini.

Vespasiano da Bisticci, mercante di libri fiorentino che lavorò a lungo per arricchire la biblioteca del Montefeltro, ci ha lasciato una suggestiva descrizione dello studiolo che risale ai primi anni ottanta del Quattrocento: «Della pitura [Federico da Montefeltro] n’era intendentissimo, et per non trovare maestri a suo modo in Italia, che sapessino colorire in tavole ad olio, mandò infino in Fiandra per trovare uno maestro solenne, et fello venire a Urbino, dove fece fare molte piture di sua mano solennissime, et maxime in uno suo istudio, dove fece dipingere e’ filosofi et poeti e tutti e’ dottori della Chiesa, così greca come latina, fatti con uno meraviglioso artificio (...). In fra l’altre [commissioni] fece fare lavori sì degni a tutti gli usci delle camere sua, in modo che di pennello le figure che v’erano non si sarebono fatte più degne di quelle, et èvi uno istudio lavorato con tanto mirabile artificio, che sendo fatto col pennello, o d’ariento, o di rilievo, non sarebe possibile che si paregiassi a quello»".

Ufficio Stampa