In Hoc Signo

Mostra di arte contemporanea diffusa sul simbolo della croce. Posta in diverse sedi fra Tivoli Roma E palestrina
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Tivoli, (informazione.it - comunicati stampa - arte e cultura)

In Hoc Signo
La croce segno di speranza
Giuliano Ravazzini  https://giulianoravazzini.com
Tivoli -  Palestrina
11-04-2025  14-09-2025

Sedi:
1) Cattedrale di San Lorenzo 
2) Chiesa di San Biagio
3) Chiesa di Santa Maria Maggiore
4) Chiesa di San Vincenzo
5) Rocca Pia
6) Cattedrale di S.Agapito
7) Museo Diocesano Prenestino di arte Sacra


Nel panorama dell’arte contemporanea, il simbolo della croce rappresenta un territorio inesauribile di significati, stratificazioni culturali e sovrapposizioni semantiche. 
Nella mostra diffusa di Tivoli e Palestrina, Giuliano Ravazzini esplora questo archetipo attraverso una serie di opere che giocano con la percezione, la memoria collettiva e l’ironia del contemporaneo.

Le sculture e le installazioni disseminate in diverse sedi delineano un percorso visivo e concettuale che tratta il simbolo della croce nelle sue molteplici forme e declinazioni. L’approccio di Ravazzini si muove tra la provocazione e la riflessione, tra la persistenza del sacro e la sua dissoluzione nell’universo dell’effimero.
L’elemento kitsch, con le sue cromature lucenti e la sua estetica pop, decontestualizza il simbolo, portandolo in un ambito di consumo estetico che sfida lo sguardo e la consapevolezza del pubblico.
Queste croci appariscenti, immerse in colori sgargianti e materiali plastici, mettono in discussione il confine tra culto e spettacolo, aprendo una ragionamento sulla mercificazione della spiritualità nella società contemporanea.
All’opposto le croci invisibili o camuffate dietro materiali e forme che riproducono i modelli estetici del passato, sono falsi storici che si celano con la loro presenza non percepita, si collocano oltre la vista, vanno scoperte e individuate, dunque  richiamano il tema della ricerca e del cammino spirituale latente. 
Le croci primordiali, realizzate con materiali poveri e grezzi, suggeriscono una sacralità arcaica, quasi dimenticata, tronchi, foglie, argille e pigmenti inerti  richiamano riti ancestrali e il legame con una dimensione spirituale primitiva e autentica, in contrasto con l’opulenza del kitsch.

In direzione opposta  invece i simboli grafici prelevati dal web riflettono  la smaterializzazione del segno nella contemporaneità digitale. 
Ravazzini si appropria di icone e loghi virtuali per trasformarli in elementi grafici essenziali, mostrandoci la dissoluzione del simbolo e del suo significato nel flusso incessante dell’informazione digitale, l’uso di pixel e grafica vettoriale porta l’indagine alla sovrapposizione tra il reale e il virtuale, cosi che la croce, da simbolo fisico, diventa una traccia volatile nello spazio digitale.

Questo intreccio di linguaggi apparentemente folle e nevrastenico è il risultato di un pensiero ricco, multi disciplinare e proteiforme che sceglie una narrazione eclettica come via maestra per restituire la forza intatta che si cela dietro ai simboli variegati e multiformi. 
Il risultato è una mostra «site specific» di un’iconografia millenaria, che si rinnova e si frammenta, oscillando tra il passato e il presente, tra il sacro e il profano, tra la materia e il concetto, attraverso il dialogo con i materiali, i contesti e le sensibilità contemporanee. 
Questa pluralità di interpretazioni trova un’eco nelle riflessioni di Roland Barthes, che in *Miti d’oggi* analizza il modo in cui i segni e i simboli vengono costantemente riappropriati e rielaborati dalla cultura di massa, perdendo e acquisendo significati nuovi. 
Così come l’uso del kitsch si collega alla critica di Clement Greenberg, che ne descriveva l’estetica come una forma di commercializzazione dell’arte, ma in questo caso l’artista ne ribalta la funzione, trasformando la croce in un oggetto ironico e ambiguo, quasi uno specchio della società contemporanea. 
Anche Umberto Eco, nel suo studio sulla cultura popolare, sottolineava come il kitsch potesse funzionare da dispositivo critico, smascherando le contraddizioni del gusto e delle convenzioni visive.  
Oltre a ciò le croci invisibili e camuffate sembrano richiamare l’arte concettuale e il minimalismo di artisti come Joseph Kosuth, che esplorava il confine tra oggetto e idea. Qui la croce diventa un’assenza che si manifesta solo attraverso la ricerca dello spettatore, portandolo a riflettere sulla spiritualità come elemento nascosto, ma sempre presente nella società.  

Rossana Merli- [email protected]

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