Nicola Latorre 03 febbraio 2025 Anche Nicola Latorre sta col governo sul caso Almasri. L’ex senatore, per quattro legislature in quota al Partito Democratico, è stato il braccio destro di D’Alema e Minniti e si è occupato di difesa e sicurezza internazionale. Latorre, intervistato da Il Tempo ha dichiarato: “Noi avremmo fatto la stessa cosa. Ma non si parli di schifezze. Non so a quali si riferisse il direttore Vespa
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Il rimpatrio è stata una iniziativa «giusta», che ha dei precedenti e che si inserisce in un contesto in cui c'è stato qualcuno che con un «calcolo cinico e spregiudicato» ha deciso di scaricare «la patata bollente» sull'Italia. A dirlo a proposito della vicenda Almasri è anche un esponente
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Egregio dottor Feltri, non è un segreto la ruggine tra Mantovano e Lo Voi a proposito dei viaggi Roma-Palermo-Roma. Di certo, facendo peccato, non sfugge il coinvolgimento di Mantovano nell'«affaire Almasri»: che ci sia di mezzo il volo di Stato? E allora mi chiedo e Le chiedo: se per ipotesi l'Italia avesse dato esecuzione al mandato di cattura della CPI, con quale mezzo il soggetto avrebbe dovuto essere condotto a Bruxelles? Treno, taxi, pullman? O volo di Stato? Grazie.
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Memoria corta. Il Pd lancia gli anatemi al governo sul caso Almasri e ed è partita per la tangente di una crociata che demonizza chiunque osi focalizzare il problema vero: ossia l'interesse nazionale e realpolitik in casi - come questo- di gravi casi di sicurezza nazionale. Ma dimentica, assieme
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La scelta del governo italiano di riportare frettolosamente in patria, con un aereo dei servizi di sicurezza, il generale libico Osama Elmasry Njeem Habish detto Almasri, accusato di crimini di guerra e violazione dei diritti umani dalla Corte penale internazionale dell’Aia, ha riaperto antiche discussioni, difficili in effetti da risolvere, sul rapporto tra giusto e utile, sulla tensione esistente tra diritto e politica, sui contrasti che possono insorgere tra coscienza individuale e moralità collettiva.
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Se una storia di ricatti c’è, comincia in un fine settimana di giugno 2017. In appena trentasei ore di caldo rovente e mare piatto, approdano da noi 13.500 profughi. Barche e barchini prendono d’assalto le nostre coste, la Libia è il grande propulsore di questo potente flusso di disperati. Fallito dopo le primavere arabe e la fine cruenta di Gheddafi, lo Stato nordafricano è diviso in fazioni: di qua il debole premier Al Sarraj, imposto dalla comunità…
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C’è una bomba immigrazione pronta a (ri)scoppiare? È questo il timore di intelligence, esperti e osservatori internazionali. Il picco di sbarchi fatto registrare nei giorni immediatamente successivi all’arresto e alla liberazione del criminale di guerra libico Osama Njeem Almasri da alcuni è stato interpretato come una ritorsione delle sue milizie salafite. In realtà gli aumenti degli sbarchi dipenderebbero da altri fattori.
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