Guerra in Ucraina, Starbucks lascia il mercato russo dopo 15 anni: pagherà lo stipendio ai 2mila dipendenti…

Il Fatto Quotidiano ESTERI

Starbucks, si legge su Forbes, aveva aperto in Russia nel 2007 e aveva poi inaugurato il suo 100esimo store all’interno del Paese nel 2015

La decisione, che si legge su Bloomberg, fa seguito alla sospensione delle attività – 130 locali, tutti con formula franchise – che era già avvenuta lo scorso marzo.

“L’impatto umanitario di questa guerra è devastante e crea un effetto a catena percepito in tutto il mondo”, aveva proseguito. (Il Fatto Quotidiano)

Se ne è parlato anche su altri media

Background. Starbucks ha aperto per la prima volta in Russia nel 2007, inaugurando il suo centesimo negozio nel paese nel 2015. Fatti principali. Tutte i 130 punti di Starbucks in Russia chiuderanno definitivamente. (Forbes Italia)

Nel 1990 McDonald’s fu il primo tra i marchi di consumo occidentali a conquistare l’accesso in Russia, aprendo poi le porte a tanti altri brand. Si stima che l’addio alla Russia sia costato circa 55 milioni di dollari, con una gestione dei ristoranti che era ormai diventata insostenibile (QuiFinanza)

Il gigante del caffè americano segue le orme di Exxon Mobil e British American Tobacco, tra gli altri, ma anche Renault, che hanno deciso di ritirarsi dal mercato russo dopo l'invasione di Putin in Ucraina (ilGiornale.it)

La compagnia di Seattle ha 130 negozi in Russia, che sono operati dal gruppo Alshaya per licenza, con circa 2mila impiegati nel Paese. Dopo McDonald's, anche la catena di caffetterie Starbucks lascia la Russa: l'annuncio è stato dato lunedì e segue quasi 15 anni di presenza a Mosca. (la Repubblica)

Tra questi, anche molti giovani: hanno lasciato la Russia per il timore di ritrovarsi in guerra. Russia, così è cambiata la vita. Certo, non si può dire che questa grande fuga da Mosca non stia costando gravi perdite per tutti. (ilmessaggero.it)

Starbucks aveva già sospeso tutte le attività commerciali nel Paese dall’8 marzo, inclusa la spedizione di prodotti. Le aziende occidentali si ritirano un pezzo alla volta (anche se molte altre società, italiane incluse, rimangono in Russia: qui l’articolo completo). (Corriere della Sera)