Teatro Dragoni di Meldola: CLAUDIO CASADIO, GIOVANNI ANZALDO, FABIO BUSSOTTI in Mar del Plata gli “angeli del rugby” che osarono sfidare il regime argentino di Claudio Fava

Domenica 29 Novembre 2015, Ore 21. Società per Attori – Accademia Perduta/Romagna Teatri
Bologna, (informazione.it - comunicati stampa - arte e cultura)

T E A T R O D R A G O N I M E L D O L A.
Domenica 29 Novembre 2015 – Ore 21

Società per Attori – Accademia Perduta/Romagna Teatri
CLAUDIO CASADIO
GIOVANNI ANZALDO FABIO BUSSOTTI
Mar del Plata
gli “angeli del rugby” che osarono sfidare il regime argentino
di Claudio Fava.
E con Andrea Paolotti e Tito Vittori
e (in ordine alfabetico) Edoardo Frullini, Fiorenzo Lo Presti, Giorgia Palmucci,
Alessandro Patregnani, Guglielmo Poggi
regia di Giuseppe Marini.

Dopo il debutto al prestigioso Teatro Piccolo Eliseo di Roma delle settimane scorse, dove lo spettacolo ha raccolto l’unanime consenso della critica e del pubblico, arriva al Teatro Dragoni di Meldola Mar del Plata – gli “angeli del rugby” che osarono sfidare il regime argentino, pièce di Claudio Fava, tratta dal suo omonimo romanzo, diretta da Giuseppe Marini e co-prodotta da Società per Attori e Accademia Perduta/Romagna Teatri, in scena domenica 29 novembre alle ore 21. Interpreti di questo intenso e appassionante testo di vita e sport sono Claudio Casadio, Giovanni Anzaldo, Fabio Bussotti, Andrea Paolotti, Tito Vittori, Edoardo Frullini, Fiorenzo Lo Presti, Giorgia Palmucci, Alessandro Patregnani e Guglielmo Poggi.
Mar del Plata racconta una storia vera, quella della squadra La Plata Rugby, un gruppo di ragazzi che alla fine degli anni ’70, nell’Argentina della dittatura dei colonnelli, venne decimato dalla ferocia dei militari di Videla ma che rimase in campo a giocare fino alla fine del campionato.
Raul Barandiaran, l’unico sopravvissuto a quella tragedia, ancora oggi è il testimone vivente della squadra che decise di correre contro la violenza e l’oppressione, tenendo stretta al petto la palla ovale, a perenne testimonianza di questo nobile sport nel quale “una volta sceso in campo non puoi fuggire o nasconderti, devi batterti con coraggio, lealtà e altruismo”.

Note dell’autore
“La prima volta che andai in Argentina la memoria di molte cose accadute era ancora intatta. Cose accadute laggiù, a Buenos Aires, dove la storia si era fermata su quell’elenco interminabile di nomi cancellati dalla vita e dal lutto, desaparecidos, ammazzati senza nemmeno il diritto a portarsi la propria morte addosso.
Ma anche cose accadute quaggiù, in Italia, dove un’altra guerra e un altro nemico che non facevano prigionieri s’erano portati via, assieme a tanti altri, anche mio padre.
Mi era sembrato un viaggio necessario: imparare che nessun luogo è il centro del mondo. Si moriva in Argentina come in Sicilia perché una banda di carogne regolava in questo modo i propri conti con i dissidenti. Pensarla storta, fuori dal coro, era un peccato imperdonabile. A Buenos Aires come a Catania. Negli anni ho imparato a raccontare quei morti con le parole dei vivi, le madri di Plaza de Mayo, le vedove di via d’Amelio…
Ho provato a immaginare com’erano vissuti e perché avevano fatto quello che scelsero di fare. Non serviva a consolarsi ma a capire che dietro ogni violenza, a Buenos Aires come a Palermo, non c’era mai fatalità ma un pensiero malato, l’osceno sentimento del potere, l’avidità, il desiderio di impunità, la menzogna… In questo, Jorge Rafael Videla e Nitto Santapaola si rassomigliano. E si rassomigliano anche i loro morti. I ragazzi di Mar del Plata mi sono venuti incontro così, quasi per caso. Tutti morti, un solo sopravvissuto: Raul. Non aveva mai raccontato la sua storia. Nemmeno quando il regime dei militari era crollato come un castello di carte. Essere rimasti vivi, sopravvissuti al male, è sempre un peso insopportabile, il segno di una colpa che non esiste ma che ti covi dentro come un’ulcera. Succedeva agli scampati di Auschwitz, successe anche ai superstiti della mattanza argentina. Ho provato a immaginare i pensieri e i gesti di quei ragazzi che scelsero di restare e di morire. Ho cercato di riannodare i fili invisibili che legano vite lontane tra loro: i giovani agenti di Paolo Borsellino che rinunciano alle ferie per far da scorta al loro giudice, i giovani rugbisti di Mar del Plata che rinunciano a trovare rifugio in Francia pur di giocarsi fino all’ultima partita il loro campionato… II nome di Raul, il sopravvissuto, l’ho conservato. Gli altri, carnefici e vittime, li ho ribattezzati: volevo che ciascuno di loro portasse in questo teatro qualcosa in più della propria storia, qualcosa in più della propria morte. Perché alla fine poco importa che quei ragazzi fossero argentini o siciliani. Importa come vissero. E come seppero dire di no.” (Claudio Fava)

Così la stampa ha accolto il libro di Claudio Fava da cui lo stesso autore ha tratto il testo teatrale:

“La storia di una squadra di rugby sterminata dalla dittatura argentina. Claudio Fava ne ha scritto un romanzo. Non è un libro di rugby, è la Storia che attraversa il mondo ovale”. Peter Freeman

“Il lavoro di Fava è stato di non limitarsi a narrare i fatti ma cercare di immaginare i pensieri e i gesti di questi ragazzi che scelsero di morire. Così il libro si rivela un’appassionata denuncia contro la ferocia di un regime militare che fece trentamila vittime civili”.
Alberto Papuzzi - La Stampa

“È una storia gigantesca e memorabile, un film già pronto per il successo e la commozione planetarie”.
Concita De Gregorio - La Repubblica


Biglietti: da 8 a 19 €.
Prevendita: da sabato 21 novembre dalle ore 9 alle ore 12 presso il Botteghino del Teatro Dragoni e da lunedì 23 novembre (negli stessi orari) presso gli uffici del Teatro Il Piccolo di Forlì (via Cerchia, 98).
Prevendite on line: www.vivaticket.it
Info: 0543/490089 – 0543/64300 e www.accademiaperduta
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