l'AGPG TRAMITE IL PRESIDENTE DOTT. GIUSEPPE ALVITI INFORMA LE GUARDIE GIURATE OPERANTI SUL "DRAMMA OCCUPAZIONALE"

LUNEDI 21 MAGGIO NELLA PRIMA MATTINA PRESSO LA SEDE DELLA FEDERAZIONE NAZIONALE AGPG IN ROMA,ALLA PRESENZA DEL DIRETTIVO CAPITOLINO E ALLA PRESENZA DI POLITICI ,OPERATORI DEL SETTORE E APPARTENENTI ALLA SOCIETA' CIVILE SI E' DISCUSSO DEL FUTURO DELLE GUARDIE GIURATE DA ANNI IN "ASPETTATIVA"DEL NUOVO CONTRATTO E IN BALIA DELLE ONDE...DI SEGUITO FORNIAMO UN SUCCO DELLE DOMANDE RIVOLTE AL LEADER GIUSEPPE ALVITI E IL RESPONSABILE NAZIONALE LEGALE AVV. MAURO PANICO E LE RELATIVE RISPOSTE
ROMA, (informazione.it - comunicati stampa - politica e istituzioni) Che succede quando un’ azienda, un istituto di vigilanza non ha più la possibilità di fornire il servizio di sicurezza che si è aggiudicata e questo viene affidato ad una seconda azienda che subentra in luogo della prima?

Cosa ne è delle guardie particolari giurate impiegate inizialmente in quel servizio?

Gli articoli 25-26-27 del Contratto Collettivo Nazionale delle Guardie Particolari Giurate, quando sono stati pensati dalle parti sociali, volevano essere una risposta a queste preoccupanti domande, prevedendo il passaggio, nell’azienda subentrante, delle gpg attribuite inizialmente al servizio tramite l’istituto costretto successivamente ad abbandonarlo.

Nel perdere un servizio di sicurezza, un istituto di vigilanza, si ritrova con del personale non impiegato, personale spesso competente, con anni di anzianità e diritti che vede evaporare nella logica dell’impossibilità “oggettiva” sopraggiunta, e diventare nube di preoccupazioni, più che mai reali, per il proprio futuro, per quei soldi che oggi non bastano mai per garantirsi, non diciamo una vita ma almeno la sopravvivenza.

Il lavoro non c’è più, ma c’è l’azienda che subentra con i suoi interessi, la sua organizzazione del lavoro, i suoi dipendenti, altre guardie giurate, professionisti che conosce, che sa come e quanto impiegare, del cui lavoro può farsi responsabile e infine che sceglie, diciamocela tutta, anche sulla base di come retribuirle. Guardie giovani senza scatti di anzianità accumulati o altre problematiche aggiunte in busta paga. Spesso diventano questo i diritti di quelle gpg che si ritrovano senza occupazione, senza volerlo e senza saperlo, perché se un appalto si perde è tutta responsabilità dell’imprenditore, del capo, dell’istituto di vigilanza.

Allora eccolo il senso dell’art. 25 del CCNL G.P.G., come si leggeva nella proposta di rielaborazione: “Salvaguardia dei livelli occupazionali e delle professionalità esistenti in caso di cambio d’appalto…perché con il cambio d’appalto si possono determinare esuberi di personale per l’azienda che ha perduto il servizio, ciò comporta una dispersione di professionalità tecnica ed operativa acquisita e la perdita di occupazione.”

Per questo le parti hanno convenuto di stilare un accordo di rinnovo, approvato poi il 2 maggio 2006, il cui nucleo centrale fu quello di prevedere che, fin dai bandi di gara, anche negli appalti pubblici, si debbano inserire clausole che prevedano l’applicazione dell’articolo 25 CCNL G.P.G. e che, non inserirle, negando l’applicazione dell’articolo, comporti una mancata osservanza del CCNL stesso, la cui stesura definitiva avvenne il dicembre del 2006 con una nuova stipula del contratto .

i ed è per questo che ha senso riflettere su quanto è avvenuto durante l’ anno, insieme alle altre problematiche sulle condizioni di lavoro delle gpg. Il rinnovo del ccnl è il luogo in cui poter compiere, quantomeno alcune, di quelle azioni migliorative che possono influire sulla qualità del lavoro dei vigilantes nel nostro paese.

E’ questa la sede in cui si regolamentano le questioni dell’orario di lavoro, del diritto alla retribuzione ed al versamento di contributi, nonché delle esigenze di sicurezza del lavoro di una categoria.

Allora diventa essenziale comprendere cosa non và e quali dovranno essere i “buoni propositi ” delle parti sociali e di tutti gli organi competenti.

E proprio sulla questione del cambio d’appalto di cose da fare ce ne sarebbero molte: nelle Direzioni Provinciali del Lavoro non mancano le vertenze che testimoniano il tentativo costante di eludere l’applicazione della procedura ex art. 25.

Una delle più recenti risale al 28 ottobre scorso, presso la Direzione Provinciale del Lavoro di Frosinone in cui l’istituto Metropol, rappresentato dal suo avvocato, non molla e si rifiuta di applicare l’art.25 tanto che l’ OO.SS. territoriale di categoria, il SAVIP, ha chiesto l’intervento del Servizio di Ispezione del Lavoro. L’obiettivo è quello di accertare le eventuali violazioni commesse nell’appalto e quindi poter valutare l’ effettiva presenza dei presupposti per l’applicazione della procedura di acquisizione del personale da parte dell’istituto subentrante.

In effetti il CCNL non prevede un’applicazione sic et simpliciter, all’art. 26 stabilisce tre condizioni fondamentali:

1. appalto e/o affidamento di servizio che comporti un impiego di guardie giurate non inferiore a 5 unità;

2. appalto e/o affidamento di servizio che comporti per il soccombente una perdita percentuale della forza lavoro, rispetto alla media dell’anno precedente, non inferiore al 3%;

3. appalto e/o affidamento di servizio che determini, per l’azienda uscente, una reale situazione di esubero con avvio di procedure per licenziamento collettivo e/o mobilità o perduto da un azienda già interessata negli ultimi 24 mesi a riduzioni di personale con attivazione degli ammortizzatori sociali.

Solo in questo caso l’azienda soccombente può attivare un tavolo di confronto a cui dovranno partecipare gli imprenditori interessati e le rappresentanze sindacali territoriali di categoria.

Il tavolo di concertazione viene avviato a seguito di una comunicazione ufficiale che deve essere inviata, non solo alle parti interessate, ma anche alla Direzione Provinciale del Lavoro, alla Questura e alla Prefettura, nonché alle Associazioni di categoria di appartenenza.

Dati questi presupposti, il controllo sulla trasparenza dell’azione sembra essere scontato, tanto più che, se le parti non dovessero essere disponibili all’incontro, sarà la DPL, acquisite tutte le prove necessarie, a fissare una data, in cui questo deve obbligatoriamente avere luogo, entro i trenta giorni successivi.

E se ancora durante l’incontro non si dovesse giungere ad alcun accordo, una ipotesi conciliativa viene proposta dalla stessa Direzione Provinciale del Lavoro.

Infatti la DPL, recita l’art. 27 (Modalità di attivazione ed espletamento della procedura), dovrebbe operare in funzione di arbitrato, quindi dovrebbe emanare una determinazione, ossia una soluzione concreta e vincolante, redatta in verbale e rivolta alle parti interessate, in cui venga specificato:

1.il numero delle guardie giurate interessate al passaggio;
2.le modalità di trasferimento e le condizioni economiche e normative con cui saranno assunte;
3.i criteri di individuazione delle unità interessate.
Eppure come l’acqua opaca di un fiume, capita sempre che, smuovendo il fondale, venga fuori qualcosa di strano. La prima ironia stà nel fatto che, tale funzione, può essere attribuita ad un organo soltanto dalla legge e non da una fonte differente come un ccnl.

Ci ha tenuto a precisarlo il Ministero del Lavoro in una circolare del 20/03/2008 indirizzata alle Direzioni Provinciali del Lavoro che si erano dichiarate estranee all’obbligo di emettere determinazioni.

Il Ministero chiarisce che non solo queste non possono agire in funzione arbitrale emettendo determinazioni vincolanti per le parti, ma un atto amministrativo di questo tipo, se va contro la volontà di una sola delle parti, comporta una “responsabilità amministrativa dell’Amministrazione con tutte le conseguenze possibili, anche di carattere risarcitorio.”

La conclusione è che tale responsabilità sarebbe inevitabile ed automatica ogni volta che una DPL emettesse una determinazione, dato che interverrebbe solo se le parti non fossero d’ accordo, per ciò la previsione dell’art. 27 di fatto non ha alcun valore vincolante e, , non resta che sperare nel “buon senso degli imprenditori”.

In altre parole la legge regola la sicurezza e il lavoro delle gpg facendo appello al buon senso degli imprenditori che, indotti dalla DPL, dovrebbero “conciliarsi”?

come subentranti favorendo accordi extraprocedurali che sfuggirebbero ancor più ad ogni controllo.

Il problema dunque non è la mancata applicazione dell’articolo 25, ma il fatto che questa procedura non ha modo di giungere ad alcuna conclusione risolutiva certa, perché quella conciliazione a cui gli imprenditori dovrebbero pervenire, a quanto pare, sono più le volte che non arriva.

Magari c’entra qualcosa il fatto che assumere personale in mobilità comporti, per il datore di lavoro, agevolazioni contributive, oltre a ricevere il 50% dell’indennità di mobilità che il lavoratore percepiva. Invece, assumere direttamente le gpg dell’istituto di vigilanza soccombente, significa, per il nuovo Istituto di vigilanza, subentrare, in qualità di vero e proprio datore di lavoro, facendosi carico degli oneri contributivi e retributivi regolarmente previsti per quei lavoratori.

Per ciò, oltre a possibili inquadramenti elevati, non mancherebbero gli eventuali scatti d’anzianità che una gpg può aver maturato dopo anni di faticoso lavoro.

Ma non è proprio questo l’obiettivo dell’art. 25 la cui premessa recita: “E’ necessario adottare misure al fine di conseguire l’obiettivo di favorire, nel settore, la salvaguardia occupazionale per gli operatori che abbiano acquisito una specifica qualificazione professionale, in linea con le direttive in ordine alla qualità dei servizi.”?

Il problema è che prima di stabilire obblighi e oneri “il buon senso” vuole che si prevedano e realizzino i presupposti che ne permettano l’ osservanza, condizioni che sembrano del tutto assenti per gli istituti di vigilanza dato che hanno alle spalle una committenza che impone il solito basso prezzo, facendo da sempre orecchio da mercante alle necessità loro e della sicurezza in generale.

E’ così curioso ( leggi: italianissimamente vergognoso) che l’ultimo ad avere voce circa la determinazione del prezzo di un servizio di sicurezza sia proprio l’istituto di vigilanza, il primo che affronta le spese, quelle maggiori e importanti, tra cui pagare le gpg e garantire loro un occupazione stabile e adeguata al grado e alle mansioni svolte.

Poi di deroghe arbitrarie gli istituti ne hanno fatte molte, salvo alcuni che cominciano difatti a tirarsi indietro, perché il prezzo all’ora che network e general contractor hanno imposto è di Euro 17,00 l’ora, nella migliore delle ipotesi, perché è facile che raggiunga anche i 14 Euro/ora, soprattutto nel centro-sud. Addirittura le ultime notizie da Napoli parlano di tariffe che raggiungono i 12/11 Euro l’ora.

Come si fa a pagare il servizio del network, i dipendenti, i costi della sicurezza e della predisposizione logistica di un servizio di sicurezza con 17, 00 euro l’ora (per non parlare di 11,00 Euro), se non cercando losche soluzioni e sperando che nessuno se ne accorga?

Ci vorrebbe Fulcanelli, solo l’alchimia può simili trasformazioni.

Troppe appaiono le deformazioni patologiche di un sistema che pone, visibilmente, gli istituti di vigilanza in quella classica posizione “tra l’incudine e il martello”. Da un lato, vale la pena ripeterlo, gli obblighi imposti da una normativa che ha innalzato il livello di adempimenti tecnici da compiere per predisporre un efficace servizio di vigilanza, senza però preoccuparsi di determinare i necessari meccanismi che mettano gli istituti in condizioni di adempierli. Dall’altro un settore di committenza che non essendo stato in alcun modo vincolato, impone a muso duro le proprie condizioni, forte del proprio potere contrattuale e delle proprie libertà.

Forse bisognerebbe ricordare a chi di dovere che il titolo del CCNL G.P.G. in cui sono inseriti gli art. 25 e seguenti, recita:



TITOLO IV – TUTELE E GARANZIE

Capo 1 – Sicurezza sul lavoro.



Sarebbe il caso che non fossero solo parole, fumo negli occhi, verità fittizie, e che oltre ad un titolo ben scritto potessimo contare su fatti concreti, questi sono costrutti con cui realizzare contesti di vita sociale quotidiana e non versi per imbastire sogni e ideali.

Ma d’altronde qual è il valore di un Contratto Collettivo Nazionale? Giuridicamente è definito come un contratto atipico che in realtà avrebbe valore soltanto tra le parti contraenti, come un qualsiasi altro contratto, poi per fortuna i giuristi si sono ingegnati per renderlo un po’ più efficace e vincolante, visto che dovrebbe tutelare gli interessi di categoria dei lavoratori e visto che, nel nostro ordinamento, esiste un principio detto “favor praestatoris” che dovrebbe esprimere una maggiore attenzione e garanzia per la debolezza dei lavoratori in quanto categoria, imponendo obblighi e oneri di tutela al datore di lavoro. E’ per questo che le associazioni sindacali, che dovrebbero esistere per rappresentarne i bisogni e i diritti, sono previste dalla stessa costituzione ed avrebbero il potere di regolamentarne gli interessi attraverso il ccnl appunto.

Il problema è che non è mai stato applicato l’ articolo 39 della Costituzione, nel quale si legge che se i Sindacati (comprese le associazioni datoriali) attuassero la procedura di registrazione del loro Statuto, diventerebbero associazioni con personalità giuridica ed i contratti collettivi sarebbero, di conseguenza, vincolanti per tutti gli appartenenti alla categoria che rappresentano, non soltanto per i soggetti firmatari e iscritti all’associazione ma per tutti i datori di lavoro e i lavoratori di una categoria, come potrebbe essere la vigilanza privata.

Quindi per l’efficacia non sarebbero necessari complicati richiami al ccnl da altre norme, che lasciano sempre spazio a contestazioni e spiragli in cui si getta a capofitto chiunque senta di essere messo in una posizione scomoda. Forse non esisterebbero più tante associazioni che sminuzzano categorie omogenee per ridurle in mille frammenti di interessi che non trovano mai posto nè appagante soddisfazione.

Non è che sindacati e associazioni datoriali salverebbero la società e nemmeno potrebbero risolvere tutti i problemi della vigilanza privata, ma non hanno un dovere etico e deontologico? Perchè i Sindacati sono oggi semplici associazioni non riconosciute? Perché si rifiutano di registrarsi ed esercitare quel potere di rendere vincolanti per tutti i ccnl, che permetterebbe loro di contribuire alla tutela dei diritti di tutti i lavoratori mediando in modo realmente efficace gli interessi delle due categorie e compiendo un’ incisiva azione nell’evoluzione della cultura del lavoro in Italia, come è avvenuto in molti paesi europei?

Qualche voce autorevole risponde che una tale procedura irrigidirebbe eccessivamente il loro operare ingabbiandolo in meccanismi che finirebbero per limitarne la stessa possibilità di fare gli interessi dei lavoratori.

Ma non sarebbe meglio applicare l’articolo 39 Cost. e rivisitare le norme procedurali piuttosto che non applicarlo affatto per meri problemi tecnici?

Art. 39.

L’organizzazione sindacale è libera.


Ai sindacati non può essere imposto altro obbligo se non la loro registrazione presso uffici locali o centrali, secondo le norme di legge.

È condizione per la registrazione che gli statuti dei sindacati sanciscano un ordinamento interno a base democratica.

I sindacati registrati hanno personalità giuridica. Possono, rappresentati unitariamente in proporzione dei loro iscritti, stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce.
Ufficio Stampa
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